Non vedremo mai, o di rado, il perchè qualcuno dovrebbe attentare ai nostri sentimenti, le ragioni spesso sono troppo personali e riguardano un determinato tipo di vissuto, diverso per ogni persona ed oltre a questo l'intrapsichico non è il mio campo. Domandarsi il perchè le cose vengono fatte, dagli altri, è porsi problemi sovente irrisolvibili, domandarsi che cosa guardare, come riconoscere un attentato e cosa fare per evitare il peggio a noi stessi è invece una strada percorribile.
Istigazione ed Intimidazione hanno una cosa in comune, entrambe sono volte ad evitare che il soggetto non possa pensare perchè non gli se ne lascia il tempo fisico. Vediamole nello specifico:
(cit. Prepos)
Intimidazione
L’intimidazione paralizza ed impedisce il pensiero e le scelte, mettendo in campo una violazione brutale dei sentimenti della persona, per renderla incapace di reagire. La violenza psicologica dell’intimidazione è sottovalutata rispetto alle caratteristiche relazionali dell’abuso a cui si accompagna. Le vittime degli abusi descrivono un vissuto di separazione profonda da sé stessi prodotta non tanto dal dolore e dalla violenza fisica subita, ma dalla lacerazione della loro interiorità. La frattura provocata dall’intimidazione è dentro il sentimento del sé, diviso da una scissione. Gli occhi guardano, la mente registra ma non c’è reattività, né esteriore, né interiore. All’esterno non si produce nessun movimento di resistenza, all’interno nessuna elaborazione attraverso la percezione del dolore, della rabbia o dello sconforto. A volte l’unica elaborazione è quella depressiva; ciò accade spesso nei bambini che, attribuendo ancora all’adulto una connotazione positiva, si auto attribuiscono la responsabilità dell’essere vittime e, successivamente, rivolgono contro se stessi l’aggressività. Dal loro punto di vista la colpa è loro, perché un adulto non può essere così cattivo da far loro così tanto male.
Nei casi di abuso fisico sono più evidenti gli effetti dell’intimidazione, agita per rendere l’altro annichilito e passivo di fronte all’azione. Ed è l’intimidazione la vera protagonista della frattura interna, molto più della violenza in sé. In persone colpite da violenza anche più grandi non si riscontrano disastri emotivi come in chi ha vissuto paralizzato un abuso. La struttura della comunicazione di intimidazione è dirompente e progressiva, senza cedimenti e titubanze; può esistere senza esercizio di violenza fisica, ed anche senza esplicite minacce, nella sola qualità di invasione psicologica della mente altrui. Sono catalogabili come intimidazioni tutte le pressioni di potere su soggetti vittime agite a scopo di estorsione o di mobbing (il mobbing è una patologia sociale originata da aggressioni, per lo più di genere psicologico, da parte di colleghi e/o superiori gerarchici sul posto di lavoro. Tra i diversi comportamenti di mobbing l’intimidazione è presente nelle condotte aggressive tendenti ad impedire alla vittima di esprimersi attraverso urla, rimproveri, critiche, improperi, terrorismo telefonico, ecc.).
L’effetto dell’intimidazione è distruttivo della dimensione profonda della persona perché si insinua come frattura tra il sé e la percezione profonda del valore dei sentimenti; il risultato è quello di non riuscire più ad avere un contatto con la propria personale identità. Questo tipo di azione può dunque "portar via l’anima", impedire cioè per lungo tempo l’ascolto della parte più sensibile e sensitiva dell’interiorità umana.
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Istigazione
Chi istiga pretende una risposta immediata, non tanto perché tal risposta sia subitaneamente agita verso altri, quanto al fine di far assorbire immediatamente il contenuto specifico di quell’istigazione. L’istigazione è un processo, a volte duraturo, costituito da tappe e da passaggi con calcolata progressione strategica volta a determinare una nebbia conoscitiva e valutativa intorno al soggetto istigato dalla quale egli può uscire solo dando credito ad un suggerimento, a volte nemmeno profferito in forma compiuta, alla cui luce tutto si rischiara. La persona istigata non sa esattamente cosa fare e cosa pensare ed il suo tempo è stretto e limitato poiché sente impellente il bisogno di agire e di sistemare le cose con giustizia. L’istigato è prigioniero della confusione e del conflitto interiore a cui vuol por fine senza avere più il tempo per pensare o per decidere
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Come difendersi?
Cosa si può fare quando qualcuno ci intimidisce o ci istiga? Ora possiamo accorgercene ma gli antidoti sono due, singoli e precisi, che non servono solo ad evitare che il colpo ci sbricioli dentro ma anche a rendere inoffensivo chi attua l'attentato. Vediamoli nello stesso ordine in cui abbiamo presentato gli attentati:
L’antidoto agli attentati intimidatori è il possesso del proprio tempo vitale. Solo che possiede il senso interno del tempo può respingere tali assalti, tenendosi saldamente al suo essere nel tempo, al senso della durata, alla incontestabile certezza che quanto avviene intorno a noi è comunque un’esperienza transitoria, e, in ogni caso, ha un dopo. La durata consente di riconoscere l’azione esterna e quando tale azione viene riconosciuta, riemerge la consapevolezza della propria identità e svanisce la paura. "Un giorno la paura bussò alla porta, il coraggio trovò il tempo per andare ad aprire e non c’era nessuno".
Il possesso del proprio tempo è l’antidoto all’istigazione utilizzandolo sulla base delle personali scadenze, precedentemente decise: "domani si vede", "lunedì prossimo analizzo il da farsi", "dopo Pasqua ne parliamo", ecc. L’essersi dati scadenze e progetti rassicura e mantiene forte la serenità interiore ed il contatto interno, corroborando l’ottimismo giacché chi è amico di un tempo galantuomo non si sente obbligato a rispettare le scadenze imposte da altri mediante l’assillo dell’istigazione.
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