martedì 10 giugno 2014

Comunicazione Educativa - Il rimprovero

IL RIMPROVERO

A che cosa serve?

Modifica un atteggiamento negativo attraverso l'assorbimento profondo dei contenuti del rimprovero stesso o, più raramente, blocca un atteggiamento negativo poco prima che esso si compia.

Come si esegue?

La parte non verbale si concretizza in una postura rigida caratterizzata dall'essere fermi sia internamente che esternamente, il tono della voce deve essere greve e vibrante senza però alcuna carica o tensione interna.Deve seguire un silenzio lapidario per fare in modo che il contenuto venga assorbito in profondità.

Come si sviluppa, cosa non si deve fare e perchè?

Si deve sapere bene cosa si vuole rimproverare, il messaggio altresì deve essere chiaro, breve, saggio e preciso nell'andare a trattare fatti concreti. Dopo aver espresso il rimprovero a parole, si deve decidere di restare fermi con sè stessi e reggere l'onda di ritorno gestendo i propri dubbi interni a tal fine.

  • Non si deve consolare il rimproverato altrimenti lo si fa sentire ancora più in colpa; 
  • Non ci si deve dilungare in una predica altrimenti perde efficacia; 
  • Non si devono fare ricatti affettivi "Se non fai così la mamma non ti vuole più bene", squalifica l'intero rapporto interpersonale e crea incertezza;
  • Non si deve cercare il consenso nel rimproverato per ciò che abbiamo appena detto, altrimenti mostriamo le debolezze dei nostri contenuti;
Fermo restando che poco dopo il rimprovero possiamo prenderci una pausa con noi stessi, da soli, e lasciarci andare. Un rimprovero al giorno non di più e prima di poter rimproverare bisogna aver insegnato al rimproverato sia la regola sia il valore cui è venuto meno, per il quale lo stiamo redarguendo.

Con quali tipologie di bambini è efficace il rimprovero?

  1. Un bambino volubile (SB) il cui comportamento suggerisce il passare da un'emozione all'altra senza apparente logica nè coerenza, alla continua ricerca di situazioni che non lo soddisfano comunque e che spesso pare non avere freni inibitori nel non discernere gli atteggiamenti che può tenere nella sua sfera affettiva intima ed in quella sociale con estranei. Il rimprovero, con questo tipo di bambino, deve essere proposto in toni molto duri e seguiti da un silenzio pesante, deve prendere atto che l'ambiente attorno a sè è concreto e che risponde a regole che lui non può infrangere. Soltanto allora si distaccherà dalle sue emozioni e sarà costretto a riflettere sulle conseguenze di un suo comportamento.
  2. Un bambino demotivato (AP) che sembra non avere alcun interesse nè per il mondo che lo circonda nè per sè stesso. Bisogna spingere il bambino alla vergogna di sè per gli effetti della sua"non-azione", perchè il conflitto interno potrebbe spingerlo ad agire.  In questo caso bisogna fare attenzione a non infierire troppo su di lui e quindi è bene usare un soggetto terzo, rispetto al rimproverante, per la formulazione del rimprovero. "Devi rispettare gli appuntamenti del dentista, non ti vergogni per cosa potrebbe pensare di te?". Questa frase va detta in un momento in cui il bambino non possa svicolare, bisogna mostrare indignazione attiva non manipolabile e tenere verso di lui un atteggiamento di osservazione e silenzio anche per un lungo periodo, in attesa di risposta.
Per tutti gli altri bambini che regole valgono?

  • Un bambino introverso, sensibile e tendente alla vergogna (IN) non sopporterebbe un rimprovero "standard" poichè lo vivrebbe, data la scarsa stima di sè, come ulteriore ferita inflittagli da una persona cui vuole bene e questo lo spingerebbe a chiudersi maggiormente nell'auto commiserazione. Per questo tipo di bambino il rimprovero deve assumere una tonalità di voce più pacata ed il messaggio verbale deve volgere all'analisi dei fatti, mettendo in discussione l'azione compiuta e non lui come persona

  • Un bambino permaloso (DE), con una vita mentale attiva ed anche piuttosto orgoglioso vivrebbe, a sua volta, il rimprovero come ulteriore squalifica ai suoi blocchi, alla sua difficoltà  di farsi capire dagli altri, che lo porta ad aumentare il suo senso di solitudine. In questo caso è necessario che al rimprovero segua sempre la possibilità di un atto riparatorio, così da fargli mettere i piedi per terra, ad esempio "Hai fatto tardi, ci hai fatto fare tardi...e quindi ora prepari tu la tavola per cena!".



  • Per i bambini particolarmente reattivi, invece, si deve adottare un'altro tipo di strategia perchè altrimenti possiamo ottenere effetti contrari a quelli aspettati: atteggiamento polemico (RM), richieste di perdono infinite (AD), rafforzarsi degli atteggiamenti di chiusura (AV) e comunque sempre dannosi! Per costoro bisogna accompagnare al messaggio di rimprovero anche uno di insegnamento con un tono vocale che sia chiaro, analitico e soprattutto pacifico. " Non lamentarti di aver lasciato a casa i giocattoli, pensa che ci sono molti bambini che giocattoli non ne hanno mai avuti".
Il rimprovero non è una comunicazione che possa essere attuata alla leggera, bisogna sempre sapere cosa si vuole rimproverare, bisogna capire che tipo di comunicazione fare ed in quali modalità, e soprattutto bisogna resistere all'impulso genitoriale di cedere alle richieste di "pace" dei figli rimproverati, o bambini comunque se si è educatori.
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Ok, tutta questa pappardella di roba la devo esporre stasera, come relatore, ad un corso per genitori ed educatori.

Wow XD

giovedì 5 giugno 2014

Chàma e Lèon

Lèon si trova ad osservare ed ascoltare il verbo che gli viene mosso, si muove con attenzione e tace a lungo andando ad individuare quasi subito l'origine delle parole che sente e dei movimenti che vede: auto protezione e paura, la vede sondare il terreno con cautela. La sua reazione è di accoglienza ed alleanza con lei, la ascolta ed annuisce muovendo un sorriso di comprensione e lasciando che il silenzio colmi il resto. Gli fa tenerezza, è disposto ad accettare questo ed altro senza alcun pregiudizio.

Chàma non si lascia influenzare dal sentimento, lui è solo raziocinio accoppiato ad una vista che va ben oltre il verbale, vede tutto: detti, non detti, realtà non sempre apprese nemmeno dal soggetto che le vive, attentati ai sentimenti in atto e così via. Per lui tutto è chiaro.  Siccome è coinvolto emotivamente va allora in conflitto per cui da fondo a tutte le sue energie, così soverchia Lèon. Lo schiaccia. Lo tiene muto.  Lui vede manipolazione indiretta, vede dipendenza affettiva non del tutto consapevole e la sua risposta è immediata: libertà! Agisce immediatamente al fine di aprire quella che vede come una gabbia.

Chàma cerca sempre di liberare gli altri dai condizionamenti, che lo vogliano o meno ed è qui che Lèon normalmente lo regola ma non stavolta, non quando è coinvolto. Leòn sa che fare così la spaventerà ancora di più e non vuole anzi tenderebbe a coccolarla comprendendo i suoi problemi e mandando un feedback di quiete, senza contraddire smorzandone i toni. Chàma non se ne accorge o comunque gli importa meno perchè nella sua dimensione la libertà vale qualsiasi prezzo da pagare per ottenerla, sicuro che dopo il liberato lo ringrazierà, in senso metaforico. Chàma vede una demotivazione in quelle parole e reagisce chiedendo una cosa simile alla ragazza, simile ma meno spaventosa, la quale chiaramente conferma la cautela adottata in prima istanza e meno pressante in questa. Lèon si ferisce, Chàma lo osserva e decide di proteggerlo. Per fortuna Lèon ha molta fiducia negli altri, soprattutto in lei, per cui cerca di abbassare il tiro.

Chàma non sa gestire i rapporti umani, è più una banca dati con letture, azioni e risposte, risulta goffo e a volte anche intimidatorio, squalificante oppure istigatore. Lui sa cosa fa e crede che ciò che fa sia giusto in funzione di alcuni schematismi che in effetti funzionano ma se e solo se contestualizzati ed adattati. Per questo c'è Lèon che però non viene interpellato: sia lui che Chàma tengono a questa persona ed il secondo è più forte del primo come solidità interna. Parla a sproposito, si salva in zona Cesarini e poi, dopo, quando Lèon riprende il controllo rimette le cose a posto. Non sempre però ce la fa, a volte arriva tardi.

Lèon ha appena teso la mano a Chàma, il quale non sa se accettare perchè verrebbe meno il controllo sulla realtà, però sa che lui e Lèon sono una cosa sola, per cui stavolta accetta l'aiuto umano, fornendo a sua volta quello analitico nel difficile tentativo di restare in equilibrio senza predominare nè con il raziocinio nè con la pulsione, o quantomeno di non lasciare del tutto la briglia.


martedì 3 giugno 2014

Indietro - Prima tappa

Ho mosso il mio primo passo.

Quando si torna indietro spesso capita che si perda il contatto con la realtà per almeno un paio d'ore in modo eclatante, poi restano piccoli segnali che vanno e vengono dalla propria mente per un periodo di tempo limitato.

Da qualche parte, in un tempo passato, ebbi occasione di vedere tutta una serie di film nei quali il personaggio principale sfidava le leggi del tempo e della fisica in qualche modo, poi durante la proiezione egli (od ella..od essi) si stupiva del fatto che il tempo e la fisica non obbedissero più alla loro linearità. Mi trovavo a deridere tale comportamento, soprattutto perchè il personaggio ( o lei, o loro) era cosciente del motivo per cui non lo fossero.

Ora, trovandomi nella medesima situazione, mi accorgo di come non basti la consapevolezza per colmare tutta quelle serie di vuoti e di domande che inevitabilmente collimano nella mia mente: ho davvero fatto il passo? Ciò che vedo è esattamente ciò che è o ciò che sembra, almeno? Sono domande plausibili, poichè almeno per un paio d'ore non mi ero affatto convinto di esserci riuscito.

Ciò che ho visto reiterate volte mi ha poi confermato la riuscita del mio passo per cui quella meraviglia, mista ad incredulità, è passata in secondo piano sebbene io ancora mi blocchi per strada nel notare certi particolari che mi circondano, certe frasi od anche lo stesso colore del cielo, decisamente meno grigio di quello cui ogni mattina volgevo lo sguardo. A casa mia, è così che chiamerò d'ora in avanti il posto da cui vengo.

Passata la sorpresa iniziale, e devo dire che non mi dispiace non sembrare un pazzo che si aggira per le strade con gli occhi sgranati e la bocca dischiusa dalla quale non esce alcuna parola, la lucidità è tornata preponderante in me: so cosa devo fare, so esattamente dove si trova lei ed è lì che mi sto dirigendo.

Una volta trovata Istrice non eviterò che le strappino gli aculei, se lo facessi andrei ad evitare un trauma ma non potrei sapere che cosa aprirei in un futuro che diverrebbe incerto. Sostituirmi a lei non è la risposta, la sarebbe per me, per la mia vita futura, ma non servirebbe a nulla per Istrice salvo il rimandare l'evento, magari in un modo più doloroso e devastante.  No. Io sono qui per fare ben altro, per arginare il trauma ed usarlo come trampolino al fine di migliorare la consapevolezza di Istrice, l'esperienza deve esserci, è inevitabile poichè altrimenti non accadrebbe,  quindi accadrà comunque se io glielo evitassi intervenendo direttamente; aspetterò il momento buono, con calma e pazienza.



Eccola: incantevole anche nella sua forma decisamente più giovane rispetto a quella che conobbi a Casa Mia, ed è vero che è magra come mi raccontava ma l'eccesso di cui parlava mi sfugge, non mi sembra così magra da essere oggetto di meraviglia e stupore. La è, stupefacente e meravigliosa, ma non per questi motivi. La è per me, ai miei occhi. Mi trovo a sorridere per provare l'istinto di sorridere ma ancora aspetto, mi siedo qui su un muretto a secco ed aspetto che il Branco (chiamerò così la cerchia malsana che la circonda) inizi la sua disgraziata cantata.



Avanzo di tre passi nel momento in cui la circondano, a maglie larghe, e senza toccarla in alcun modo danno voce ai loro messaggi vessatori: non colgo le parole, non posso sentirli in questo tempo, in realtà percepisco le emozioni di ognuno di loro in modo nitido ed inizio ad elaborare la realtà nella mia mente, una cascata di dati freddi ed incolori che invadono la mia mente con una precisione assoluta, un puzzle di incastri drammaticamente perfetti:

  • Intenzionalità nel mettere in atto comportamenti aggressivi per ledere ad Istrice
  • Persistenza questi comportamenti non stanno accadendo per la prima volta
  • Asimmetria del Potere che si fonda sul disequilibrio e la disuguaglianza tra Branco ed Istrice
  • Tipologia con cui si manifesta, verbale in questo caso ed in gruppo con modalità di tipo psicologico ed indiretto quali l'esclusione e la diffamazione
  •   Trascinatori e Branco uno o due "comandano", gli altri agiscono da rinforzo (oppressore, intimidatore, squalificante, seduttore, demotivante, istigatore, manipolatore) . Mi occuperò di tutti loro, approfonditamente, in un secondo tempo. Questo dipende da Istrice: potrei metterli tutti in riga in un attimo, ma come vi dicevo non sta a me agire in questo modo. Ci vuole più tempo.
Ancora non mi muovo, sento che paradossalmente il bisogno di riconoscimento della leadership in un gruppo di pari ( o pseudo tali) è più forte nei trascinatori che non nel Branco di rafforzo, e tuttavia poi mi arriva in pieno petto ciò che sente Istrice. Lei ancora non mi vede, nessuno di loro può poichè non sono a Casa Mia ed ancora non ho deciso di muovere un'altro passo: Istrice mi rimanda l'immagine (che elaboro nel mio cervello, istantaneamente, traducendolo dalle sue sensazioni più profonde) una persona fortemente introversa, sensibile, con un fisico particolarmente asciutto che la rende particolarmente vulnerabile,  impressionabile e fragile e che è incapace di ribellarsi accettando la prepotenza altrui verso di sé come un male inevitabile e, forse (sento chiaramente dentro di me questo dubbio, che in lei è debolissimo e forse nemmeno razionale), meritato in ragione della sua "condizione di inferiorità". Condizione che determina in lei mancanza di accettazione di  sé, se non addirittura odio per se stessa (No, non mi sembra così tanto ma no posso rischiare di scartare la possibilità).


Tentenno mentre lascio che la mia mente tragga da sè le sue conclusioni, le quali mi fanno male:
L’esito della relazione Branco- Istrice è una complicità latente di collusione simbiotica in cui il Branco divora l'Istrice, la quale si disprezza perché incapace di ribellarsi e più si disprezza più sente di meritare quanto il Branco le fa subire. Il Branco percepisce questa condizione psicologica di Istrice e sente su di sé il peso della “violenza della vittima” ovvero del senso di colpa che Istrice disloca su di lui. Proprio perché non vuol sentire il senso di colpa rinforza il dialogo interno disprezzante verso l'Istrice che merita di essere trattata in quel modo.

Muovo un passo. 

Mi vedono.

Salve, ragazzi.

Mi rivolgo così a loro, il tono è fermo ma privo di energia. Mi aspetto una risposta provocatoria che cerchi di volgere la mia tolleranza ad un  atteggiamento punitivo od aggressivo, così da rafforzare la sete di "giustizia e rivincita" del Branco. Ed eccola che arriva, sotto forma di spiegazione futile senza alcuna logica. Parlo lentamente, forzando le pause nella mia voce e mantenendo un mare calmo dentro di me. Mi affianco ad Istrice, dietro di lei senza coprirla con la mia figura nè farle da spalla, mi limito a sostenerla tacitamente.

Non proprio tacitamente, le sussurro una cosa che solo lei può sentire: Non parlare in prima persona, non dire mai "Io", non dare loro modo di squalificare la tua dignità ancora di più. Non indietreggiare se avanzano, spostati di lato e resta ad una distanza sicura. Trasforma le loro prese in giro, in domande aperte.


Mi trovo ad osservarla, colgo gli occhi ed il sorriso che a Casa Mia spesso ho guardato con meraviglia, non brilla quel dente però è ugualmente acceso da un raggio di sole che le batte sul viso. Non muovo un muscolo di me mentre Istrice chiede ad uno dei capi del Branco se la trova troppo magra, ma troppo rispetto a quale parametro. La ignorano e volgono la loro attenzione su di me; colgo una flebile forma di sorriso sul volto della piccola Istrice, hanno abbozzato alla domanda diretta ed, in questo caso, lei ha acquisito un piccolo vantaggio. Ci sarà da lavorare con lei, con cura e delicatezza ma non ora, ora sono chiamato a rispondere alla carica aggressiva dei miei interlocutori.

E' un ragazzo creativo, intuitivo, con una buona dimestichezza rispetto ai propri processi cognitivi ed infatti attua processi squalificanti anche nei miei confronti; dentro di me non si muove nulla, mi limito ad accogliere ciò che arriva ed analizzarlo. Pochi secondi, non occorre una scienza infusa per rispondere alle parole, mi adopero per fare ben altro: da una parte sono in costante ascolto attivo di ciò che si muove dentro Istrice, dall'altra parte cerco di arrivare a fondo con chi mi sta parlando. Non odo le sue parole come normalmente le percepivo a Casa Mia, credo di averlo già detto, tuttavia sono in grado di tradurre le sue emozioni in un qualche tipo di flusso simile ad un discorso.

Sono tentato di reindirizzare i miei elaborati mnemonici ad Istrice, ma così facendo mi sostituirei a lei vanificando completamente il sostegno fino ad ora attuato e non l'aiuterei in alcun modo, viceversa non ho alcuna intenzione di fronteggiare il Branco, tuttavia apro la bocca e do voce ai mie pensieri.

Tu mi sembri un ragazzo molto intelligente, hai notato come l'altro che si è fatto avanti con te sia più teso sulle spalle e come la sua voce tenda maggiormente al timbro squillante? Or bene, ragazzi, ho un compito per voi...

Vedo il dubbio sui loro volti, non mi serve attingere alla mia consapevolezza per capire cosa si, e mi, stanno chiedendo.

A suo tempo, ragazzi. Tu che sei rimasto indietro di pochi passi, vieni avanti. Ti nomino tutor del gruppo: il tuo compito sarà quello di guidarli e condurli in ciò che presto vi dirò, molto meglio che una sospensione non è vero? 

Sorrido, volutamente ambiguo. Sono giovani, non sanno chi sono ma in base alla loro esperienza intuiscono che potrei anche avere un peso determinante nella loro vita, attuale, in qualche modo. Istrice è curiosa, le sorrido. Mi avvicino al ragazzo intuitivo, lo prendo da parte.

Indubbiamente lui è un buon capo, ha la forza e le spalle abbastanza larghe per il compito che dovrà svolgere ma..io e te sappiamo bene che sperpera spesso il fiume di energia in mille rivoli, toccherà alla tua intelligenza intuitiva sostenerlo e guidarlo. Tu puoi farcela, lui guiderà e tu lo orienterai, senza di te potrà solo cadere prima o poi e lo sai bene.

Lo lascio andare, mi rivolgo all'altro ed ancora il mio tono è pacato.

Ho una sfida per te e sono sicuro che riuscirai a vincerla: prendi il Tuo Branco e muovilo ad un fine che non ti farà sentire costantemente un bastardo. Oh non parlare ora e ascolta: io lo so che ci sono momenti che non confessi, e so che in quei momenti tu sei molto turbato per ciò che fai..è uno dei motivi per cui poi lo rifai, per non sentirlo. Ma non se ne va mai vero? 

Non sto domandando, sto affermando e non con le parole ma con un'azione diretta al suo centro, che solo lui può capire bene. Gli altri sentono qualcosa simile a ciò che segue:

Siete un bel gruppo, ognuno di voi ha una sua funzione e la state sfruttando al 10%. Ci sono altri Branchi in questo posto che vi accomuna. Teneteli a bada, è molto più difficile stare dall'altra parte della barricata, perchè difendere e proseguire giustizia equivale anche ad estirpare le serpi che si annidano tra di voi, quelli che spingono all'azione ma non si sporcano le mani. Quelli per cui pagate voi che agite. Per ora non agitarti, Toro, per ora limitati a guidarli, ci rivedremo presto per definire ruoli e competenze...e lui, il Falco, ti aiuterà ad orientare bene la direzione verso la quale dirigere la carica. Sarete il Branco che farà la differenza. Il Branco non Un Branco.  

Gli riconosco un ruolo, ad entrambi, lo stesso che cercavano con le loro azione palesate pochi minuti prima in un clima ben diverso. Non faccio nulla di che, semplicemente oriento dall'altra parte le loro persone che restano tali e quali a prima per ciò che resta.

Non hanno scampo.

Osservo gli altri, non sorrido più ma non modifico nemmeno postura , rilassata, tono e timbro della voce. Mi affianco ad Istrice ed annuisco senza dire nulla, non subito. Quando parlo ancora lei si sposta, loro la lasciano passare e me con lei.

Torneremo ad indicare a ciascuno di voi la vostra vera forza, non lo farò io, lo farà Lei...se lo riterrà opportuno.

Ora ho bisogno di tempo e calma, devo parlarle a lungo e cercare di fare ciò per cui sono giunto fin qui. Non credo di poter tornare a Casa Mia ma ora non ha importanza, ora ho solo voglia di aiutarla come posso e, magari, ricevere aiuto da lei.

La strada è ancora lunga, per oggi è andata bene.

 Muoviamo altri passi.





domenica 1 giugno 2014

Sorriso Brillante





Si dice che se si esprime un desiderio esso non vada poi enunciato ad alcuno, poichè altrimenti non si avvererà.
Stuzzicante leggenda metropolitana, molto in voga certo, ma falsa. Tutti dovremmo poter dire ciò che desideriamo, condividerlo e così rafforzarlo,  solamente in questo modo potrà avverarsi.

Fin da piccolo appioppo dei soprannomi alle persone che mi girano attorno: lo faccio perchè lo trovo molto divertente, non necessariamente offensivo (dipende dal soggetto) in genere c'è una similitudine che vedo tra la persona ed un animale od un personaggio pubblico/mitologico/storico/televisivo. Mi serve anche per stabilire un codice relazionale con le persone con cui ho a che fare durante la "nomina", quel nomignolo racchiude sensazioni specifiche, momenti particolari, od una storia troppo lunga e complessa da narrare ma assolutamente condivisa tra me e chiunque sia presente, comunque può essere narrata sempre e comunque, la difficoltà maggiore è coinvolgere emotivamente chi mi ascolta nella spiegazione.

Ultimamente sono quasi tutti animali, è più facile per me cogliere similitudini quasi sempre positive o, mal che vada, neutre. Nella mia fattoria (sebbene vi siano animali che con la fattoria non centrano un cazzo, ma descriverlo come Zoo non mi piace perchè mi da l'idea di una serie di gabbie dalla residenza forzata, la fattoria è già meno espositiva, ha uno scopo e ognuno è importante non solo per essere guardato e soprattutto non si paga per accedervi) ci sono un sacco di animali, e sebbene li inquadri in pochissimo tempo, me ne manca uno ed è particolare: tanto per cominciare è l'unica persona che mi abbia chiesto di essere soprannominata prima ancora di conoscermi bene e mi ha sorpreso, come se non bastasse ha un dente che brilla e questa cosa mi attira e mi meraviglia ogni volta che la guardo..rischio di imbambolarmi a guardarla.

Mi fa stare bene questo.

Sono contento.

Ho una Volpe, un Coniglio, un Cavallo, un'Oca, un Gatto, una Gallina, una Farfalla, una Libellula, un Quokka, un Gufo, un Cane, un Condor, un Camaleonte, un Cigno, una Faina ed un Tasso. Ce ne sono centinaia in realtà ma questi sono quelli che riesco ad inquadrare velocemente nella forma "animale-viso".

E poi c'è il dente brillante.

Dunque se non riesco ad associarla immediatamente a qualcosa, allora forse è bene dedicarvi più tempo ed un'analisi maggiormente centrata. A me importa farlo, è una cosa cui tengo e di conseguenza farò qui codesta riflessione. Se non vi interessa, cosa molto probabile a meno che non siate Voi  "dente brillante" allora saltate pure questo capitolo, dopo il post precedente che nemmeno un nazista avrebbe avuto il coraggio di scrivere, posso ben capirvi. Forse XD.

- Sa ballare e qui mi viene in mente il verbo "Volteggiare", bene pigliamolo e mettiamolo da parte;

- Il suo sorriso, al di là del brillante, è bello da guardare perchè non è costruito a tavolino bensì ha bisogno di contemplazione per essere assaporato nelle sue minime pieghe - "Contemplazione e Meraviglia";

- Nel suo sguardo c'è dell'altro: una forma recondita di sopportazione di ciò che la vita ti fa cadere sulle spalle, la capacità di reggere il dolore e potenzialmente di coglierlo negli altri anche quando questi lo mascherano bene - "Empatia";

- La sua forma fisica mi suggerisce, a naso, che appoggi sè stessa sul bacino (devo pensarci bene perchè la danza ha inevitabilmente impostato il corpo e devo andare oltre questa forma, la schiena la escludo quasi a priori. Quasi.), una zona che mi suggerisce con qualche giro strano tra le mie sinapsi, la spinta affettiva a prendersi cura di altri anche a scapito di sè  - "Avere cura, generosità, scarsa difesa";

- Ho imparato da tempo a non farmi distogliere da eventi o pensieri esterni a ciò che sto facendo, però...però.. E' mezz'ora che scrivo e penso, ed è mezz'ora che mi viene in mente quel dente che brilla e che ne risalta gli splendidi occhi, incastonati a loro volta in un viso asciutto e pulito, vorrei dire soave ma è troppo poco ed è banale come aggettivo ( è sdolcinato, non rende bene l'idea, tanto meno la mia percezione d'esso), preferisco anzi  dire che mi piace guardarla in viso perchè, nel complesso (e nel dettaglio) è un pò come guardare il cielo: mi sgombra la mente, l'effetto della meraviglia. Raramente mi capita di imbambolarmi a guardare un viso, mi succede spesso con le voci "cullanti". Non è appariscente, se passi di corsa la vedi ma non riesci a cogliere tutte le sottili sfumature, un pò come guardare la Luna di notte quando c'è la nebbia: la vedi, certo che la vedi, ma se ti fermi ad osservarla con cura allora ti ci perdi dentro perchè scopri particolari rilevanti che, altrimenti, ti saresti perso. - "Perdersi nell'osservarla al fine di aprire nuove piccole percezioni";

- Dice ciò che pensa, pensa ciò che dice. Diretta e alle volte fin troppo, sebbene io abbia la sensazione che si auto censuri su alcuni argomenti, quelli che riguardano lei persona e che sono abbastanza in profondità. E' convinta di essere facilmente "leggibile" questo almeno è ciò che dice, probabilmente è vero che lo pensa ma non è necessariamente la realtà. C'è una differenza sostanziale tra ciò che è AUTENTICO (come una persona percepisce la realtà) e VERO (ciò che la realtà è), questo esclude la bugia e tuttavia da la possibilità di andare a fondo sull'argomento: sei facile da leggere, diciamo di si ... c'è una recondita speranza che qualcuno legga anche ciò che fino ad ora è rimasto intonso? C'è una recondita speranza che alcune pagine possano essere ancora scritte non da mano tua nè da quella della vita? Eh beh direi di si. Le cose che accadono sono tutte INEVITABILI, se non lo fossero non accadrebbero. E' inevitabile che tu avrai sempre una pasta al lampone ad attenderti, dalla Angela(Ora non hai più dubbi su chi tu sia). - "Sincera anche a scapito di sè, pochi filtri tra cervello e bocca (non per forza un difetto, salvo per gli ipocriti, oppressori, seduttori ed i bugiardi che vedono in questo un potenziale pericolo per loro)";

Direi che abbiamo tutti gli elementi per andare oltre, richiamo dunque un ricordo che ha condiviso con me: in passato le diedero delle noie per motivi sciocchi, come poi accade la ruota gira e i carnefici chiesero la sua mano quando i venti della giovinezza soffiarono anche su di loro, aprendo i loro occhi alla visione di ciò che ella era in realtà: meraviglia. Pagarono un prezzo, nemmeno troppo elevato, per il passato che avevano cagionato con una libera scelta.

C'è una storia dei nativi d'America che ho trovato e che si addice a questo racconto:

C’era una volta un villaggio in cui vivevano due sorelle che, tra i Menomini, erano considerate le più veloci nella corsa. Verso ovest c'era un altro villaggio così lontano che normalmente si doveva viaggiare due giorni per raggiungerlo. Una volta queste due sorelle decisero di visitare il villaggio lontano; quindi, partite, corsero a forte velocità fino quasi a mezzogiorno quando giunsero ad un albero cavo che giaceva di traverso sul sentiero.
C'era neve sul terreno e le sorelle videro le orme di un Istrice che conducevano alla cavità del tronco. Una di loro spezzò un bastoncino e cominciò a conficcarlo nella cavità per far uscire l'Istrice e disse: "Divertiamoci un po' con lui". "No, sorella mia," disse l'altra "lui è un ma’nido e faremmo meglio a lasciarlo in pace."
La prima, tuttavia, continuò a spingere l'Istrice sempre più avanti lungo il tronco finché uscì e lei lo prese e gli strappò tutti i lunghi aculei dal corpo gettandoli nella neve. L'altra si ribellò a questa crudeltà perché pensava fosse troppo freddo per privare l'Istrice del suo rivestimento.
Poi le ragazze, perduto del tempo e avendo ancora una lunga distanza da percorrere, continuarono la loro corsa verso il villaggio al quale erano dirette.
Quando lasciarono il tronco cavo l'Istrice si arrampicò su un alto pino finché raggiunse il punto più alto, e rivolto verso nord, e cominciò ad agitare davanti al petto il suo piccolo sonaglio tshi'saqka cantando a tempo col suono che produceva. Presto il cielo cominciò ad oscurarsi e la neve a cadere mentre il percorso delle ragazze, che continuavano a correre, diveniva sempre più difficoltoso a causa della crescente profondità della neve. Una delle sorelle guardò indietro e vide l'Istrice sulla cima  dell'albero che usava il sonaglio. Poi disse alla sorella che aveva strappato i suoi aculei: "Sorella mia, torniamo al nostro villaggio perché temo ci succederà qualcosa di brutto".
"No, andiamo avanti," replicò l'altra "non dobbiamo aver paura dell'Istrice." Nonostante la profondità della neve impedisse loro di continuare, arrotolarono le coperte continuarono il viaggio.
La giornata stava per volgere al termine e le sorelle non erano ancora giunte ad un punto dal quale potessero vedere il villaggio che a fatica stavano cercando di raggiungere. Mentre continuavano il viaggio arrivarono ad un ruscello che riconobbero fosse nei pressi del villaggio ma era sopraggiunta la notte e la neve era ora così profonda che furono costrette a fermarsi dalla stanchez­za. Sentivano le voci della gente nel villaggio ma non riuscivano a chiamare abbastanza forte da essere udite, quindi morirono nella neve che l'Istrice aveva provocato. Non si dovrebbe mai fare del male all'Istrice poiché egli è un tshi'sacjka e un ma'nido.

      Io non amo la vendetta e nemmeno la nostra Istrice, qui si tratta di "Giustizia" ed è bene ricercarla, è un modo per mettersi in pari, per elevarsi dal ruolo di vittima e, senza divenire carnefice in un gioco perverso, mettere al sicuro la propria dignità. Al di là del terminare macabro del racconto, cara Istrice fai come me quando ti guardo: vai oltre, cogli la sostanza e non tanto il dettaglio sanguinario con cui essa è esposta.



Istrice, per gli amici Sorriso Brillante ( in inglese suona meglio ma perde senso)