sabato 15 novembre 2014
giovedì 2 ottobre 2014
Prontuario del povero Counselor - cosa fare se un collega si incazza
Eh si, capita a tutti di assistere, prima o poi, allo sbotto di qualche collega sul posto di lavoro.
Che si fa dopo che il nostro compagno di disavventure ha dato in escandescenza?
Tanto per cominciare gli diamo il suo tempo ed aspettiamo che sia l'altro a chiedere di parlare, nel senso che se non accenna a volerne discutere subito ma anzi esce dall'ufficio o si fa un caffè allora lo lasciamo stare fino a che non ci sembra poco più mansueto o pronto al dialogo.
In ogni caso è sempre una pessima idea quella di cercare di dargli risposte, aiuti e consigli NON RICHIESTI, perchè così diventiamo intrusivi ed anche abbastanza presuntuosi ai suoi occhi.
Il maestrino, volente o nolente che sia, non piace proprio a nessuno.
1. Ascolto. Bisogna sapere che occorrerà dedicare anche parecchio tempo all'ascolto di quella persona, il tutto senza aggiungere: a) giudizi [la persona ha bisogno di raccontarsi non di essere additata] b)paragoni [la persona ha bisogno di sentirsi ascoltata non di minimizzazioni o del loro contrario, il quale può portare anche alla mania tra parentesi] c)condanne [Se non abbiamo la disponibilità di poter pensare che l'altro ha una forma mentis diversa dalla nostra e che quindi anche tutte le sue caratteristiche, emozioni e pensieri possono confliggere con il nostro e nonostante ciò accettare tutto..beh lasciamo perdere, facciamo altro]. Se ci si accorge di non avere tempo cercate di mettere a tacere il vostro spirito da crocerossina e lasciate perdere.
2. Raccontarsi. Dopo che il nostro collega si è raccontato allora si può parlare di noi. Qui si può arricchire qualsiasi storia che inizia con "Sai anche a me è successo una volta.." ma bisogna tenere a mente due dettagli: Deve sembrare una cosa verosimile che porta chi la racconta a sembrare divertente o quieto o che comunque abbia risolto dentro di sè quella questione e ci rida su (anche sulla sua reazione di sbotto), altrimenti può sembrare che ci si autoreferenzi sulla propria bravura nell'aver vissuto evento simile ed averlo superato con grande bravura, questo fa sembrare la persona di cui ci stiamo prendendo cura..un idiota. La seconda accortezza è quella di assicurarsi che l'altro sia chiuso dopo il nostro intervento e se alza la voce, ride troppo forte o fa qualcosa che normalmente verrebbe tazzato...si consiglia di lasciar correre almeno quella volta lì.
Se lo fate diversamente iniziate a chiedervi se ciò che fate aiuta veramente l'altro oppure no.
Greetings
Che si fa dopo che il nostro compagno di disavventure ha dato in escandescenza?
Tanto per cominciare gli diamo il suo tempo ed aspettiamo che sia l'altro a chiedere di parlare, nel senso che se non accenna a volerne discutere subito ma anzi esce dall'ufficio o si fa un caffè allora lo lasciamo stare fino a che non ci sembra poco più mansueto o pronto al dialogo.
In ogni caso è sempre una pessima idea quella di cercare di dargli risposte, aiuti e consigli NON RICHIESTI, perchè così diventiamo intrusivi ed anche abbastanza presuntuosi ai suoi occhi.
Il maestrino, volente o nolente che sia, non piace proprio a nessuno.
1. Ascolto. Bisogna sapere che occorrerà dedicare anche parecchio tempo all'ascolto di quella persona, il tutto senza aggiungere: a) giudizi [la persona ha bisogno di raccontarsi non di essere additata] b)paragoni [la persona ha bisogno di sentirsi ascoltata non di minimizzazioni o del loro contrario, il quale può portare anche alla mania tra parentesi] c)condanne [Se non abbiamo la disponibilità di poter pensare che l'altro ha una forma mentis diversa dalla nostra e che quindi anche tutte le sue caratteristiche, emozioni e pensieri possono confliggere con il nostro e nonostante ciò accettare tutto..beh lasciamo perdere, facciamo altro]. Se ci si accorge di non avere tempo cercate di mettere a tacere il vostro spirito da crocerossina e lasciate perdere.
2. Raccontarsi. Dopo che il nostro collega si è raccontato allora si può parlare di noi. Qui si può arricchire qualsiasi storia che inizia con "Sai anche a me è successo una volta.." ma bisogna tenere a mente due dettagli: Deve sembrare una cosa verosimile che porta chi la racconta a sembrare divertente o quieto o che comunque abbia risolto dentro di sè quella questione e ci rida su (anche sulla sua reazione di sbotto), altrimenti può sembrare che ci si autoreferenzi sulla propria bravura nell'aver vissuto evento simile ed averlo superato con grande bravura, questo fa sembrare la persona di cui ci stiamo prendendo cura..un idiota. La seconda accortezza è quella di assicurarsi che l'altro sia chiuso dopo il nostro intervento e se alza la voce, ride troppo forte o fa qualcosa che normalmente verrebbe tazzato...si consiglia di lasciar correre almeno quella volta lì.
Se lo fate diversamente iniziate a chiedervi se ciò che fate aiuta veramente l'altro oppure no.
Greetings
giovedì 28 agosto 2014
Cavalieri di Prepos
ORSO NERO DEL NORD
Coraggioso ed esuberante alle volte è avventato nelle decisioni che prende, mosso più da un senso di giustizia istintivo piuttosto che da una vera e propria riflessione, per questo spesso confonde la realtà con la sua percezione delle cose, finendo quindi con il colpire/difendere chi non sa attaccando o chi non se lo merita. Sa dare grande valore all'amicizia ed è pronto a tutto per difendere un fratello, finanche a combattere battaglie non sue. Facile preda di istigazione e manipolazione, non riesce a cogliere i nemici che si mimetizzano nell'ambiente, sa destreggiarsi invece molto bene con la sua arma quando il nemico agisce a viso aperto ed è identificabile in campo, con facilità. Quando le condizioni sono favorevoli e riesce a portare colpi a segno o soccorrere i feriti, il risultato è sempre garantito.
GATTA
Un Cavaliere acuto a cui poco manca per essere del tutto scevro dalle preoccupazioni che lo scontro con Campioni della tenebra può portare. I suoi occhi sono a taglio, come quelli dei felini, ed l suo potere è unico proprio perchè normalmente la vicinanza di sensibilità e controllo porterebbero ad una forte incomprensione interna, mentre Gatta riesce a trarre da ambedue i tratti il massimo beneficio possibile. Il suo occhio destro le permette di leggere le emozioni altrui fin nelle minime pieghe, il sinistro invece le consente di analizzare eventi, persone e cose con una rapidità di deduzione e precisione d'analisi ultraterrene. E' tuttavia molto vulnerabile alle situazioni equivoche ed a quei campioni oscuri che possono mettere in conflitto le sue due nature con, appunto, l'incomprensione interna.
CAVALIERE DEL DRAGO
Un misterioso Cavaliere la cui evoluzione è passata attraverso una prima fase in cui si chiamava Quokka, animale sorridente certo ma estremamente fragile e spesso vittima di soprusi da parte di chi aveva un potere vincolante maggiore. Attraverso l'esperienza si è modificata in questa nuova forma che prevede l'utilizzo di una spada celata alla vista, di modo da ingannare l'avversario sulla sua reale abilità, impregnata della stessa forza oscura che per anni ha combattuto. Agisce senza badare troppo al pensiero paranoide che un tempo la attanagliava, non esita più a difendersi quando viene attaccata. Quando i suoi colpi vanno a segno, il bersaglio può dichiararsi sconfitto quasi sempre al primo colpo. Blindata nella sua corazza, talvolta non si accorge di che cosa accade fuori, la maggior parte della concentrazione si perde nell'indossarla. Tuttavia non è invincibile, forse è per questo che la sua corazza è così fitta. O forse cela qualcosa sotto di essa? Ciò che è certo è che questo Cavaliere non va sottovalutato
FORMICA
La parola sacrificio rappresenta in gran parte questo Cavaliere, capace di portare sulle sue spalle duecento volte il suo peso quando si tratta di pensare alla propria legione, è la dote primaria che contraddistingue la sua vera forza da tutti gli altri. Il colore rosso della sua pelle non è casuale in quanto Formica è anche una conoscitrice della guerra che spesso affronta a testa bassa senza guardare troppo a lungo in faccia il nemico, convinta che comunque chi non riesce a stare in piedi da solo, al di là dei colpi ricevuti, debba andarsene. Questa sua condotta mette in risalto le energie massive che possiede. Nonostante tutto ella è fragile sotto molti punti di vista e, quando cade alle volte, alcuni la sostengono senza farsi vedere mentre altri danno pieno appoggio con armi alla mano, in ogni caso la sua presenza è sia sprono per tutti che gratificazione indiretta per chi sa coglierla.
VOLPE
Un Cavaliere sincero e giusto la cui forza si basa sul dire le cose come stanno, rendendole visibili anche a chi non riesce a fendere la nebbia dei rapporti, andando anche contro sè stesso e le proprie convenienze senza tentennamento alcuno. Spesso e volentieri Volpe si trova ad essere isolato e a continuare da solo il proprio viaggio, per queste sue doti comunque ha sempre mantenuto amici sinceri che magari rispettano le distanze che lui tiene, pronti comunque ad accorrere qualora chiamasse. Volpe si è sempre dimostrato molto attento nella lotta: pochi colpi ma ben precisi e profondi, atti più a disarmare che non ad uccidere o ferire gravemente. Estremamente solo ha un animo afflitto, tuttavia proprio questa sua sensibilità è la fonte primaria della sua bellezza.
CIGNO
Appartiene alla vecchia guardia dei Cavalieri assieme a Gufo, Leopardo, Colibrì e Delfino. Oramai esperto nelle arti dei Cavalieri Prepos si trova spesso da solo nella mischia, eppure non par mai cedere nè temere i colpi della Tenebra, bensì non ha difficoltà ad entrare nella guardia di un qualsiasi campione e quindi renderlo inoffensivo prima di liberarne l'anima dal nero pece della Tenebra stessa. Ormai però combatte raramente, avvalendosi delle sue esperienze per insegnare ad altri ciò che sa e soccorrerli nel momento del bisogno. Cigno rappresenta la speranza di molti in un tempo ove la battaglia si fa, via via , sempre più aspra.
LUPO
FORMICA
La parola sacrificio rappresenta in gran parte questo Cavaliere, capace di portare sulle sue spalle duecento volte il suo peso quando si tratta di pensare alla propria legione, è la dote primaria che contraddistingue la sua vera forza da tutti gli altri. Il colore rosso della sua pelle non è casuale in quanto Formica è anche una conoscitrice della guerra che spesso affronta a testa bassa senza guardare troppo a lungo in faccia il nemico, convinta che comunque chi non riesce a stare in piedi da solo, al di là dei colpi ricevuti, debba andarsene. Questa sua condotta mette in risalto le energie massive che possiede. Nonostante tutto ella è fragile sotto molti punti di vista e, quando cade alle volte, alcuni la sostengono senza farsi vedere mentre altri danno pieno appoggio con armi alla mano, in ogni caso la sua presenza è sia sprono per tutti che gratificazione indiretta per chi sa coglierla.
VOLPE
Un Cavaliere sincero e giusto la cui forza si basa sul dire le cose come stanno, rendendole visibili anche a chi non riesce a fendere la nebbia dei rapporti, andando anche contro sè stesso e le proprie convenienze senza tentennamento alcuno. Spesso e volentieri Volpe si trova ad essere isolato e a continuare da solo il proprio viaggio, per queste sue doti comunque ha sempre mantenuto amici sinceri che magari rispettano le distanze che lui tiene, pronti comunque ad accorrere qualora chiamasse. Volpe si è sempre dimostrato molto attento nella lotta: pochi colpi ma ben precisi e profondi, atti più a disarmare che non ad uccidere o ferire gravemente. Estremamente solo ha un animo afflitto, tuttavia proprio questa sua sensibilità è la fonte primaria della sua bellezza.
CIGNO
Appartiene alla vecchia guardia dei Cavalieri assieme a Gufo, Leopardo, Colibrì e Delfino. Oramai esperto nelle arti dei Cavalieri Prepos si trova spesso da solo nella mischia, eppure non par mai cedere nè temere i colpi della Tenebra, bensì non ha difficoltà ad entrare nella guardia di un qualsiasi campione e quindi renderlo inoffensivo prima di liberarne l'anima dal nero pece della Tenebra stessa. Ormai però combatte raramente, avvalendosi delle sue esperienze per insegnare ad altri ciò che sa e soccorrerli nel momento del bisogno. Cigno rappresenta la speranza di molti in un tempo ove la battaglia si fa, via via , sempre più aspra.
LUPO
E' un Cavaliere che preferisce agire in modo solitario, benchè conservi alcune amicizie importanti tra la legione e sia pronto a chiamarle nel caso ve ne fosse bisogno, la sua condotta la vede spesso peregrinare in solitudine tra le lande del mondo e mettere la sua forza al servizio dei deboli e degli umiliati al fine di riportare giustizia. Un animo tormentato distingue questo Cavaliere da altri come lei, solitari, proprio per il fatto che la sua stessa scelta di vita deriva da esperienze poco piacevoli nel branco: alle volte i pregiudizi vanno ad oscurare ciò che ella è in realtà, in favore di sciocche credenze e dogma inesistenti sul piano pratico/relazionale. Quando combatte non lascia spazio ad interpretazioni: quel musino tenero che si lascia accarezzare dagli amici e che ispira tenerezza, diventa una maschera di rabbia quando mostra le zanne al nemico, pronta a mordere. Lupo è un'avversaria da non prendere alla leggera.
GUFO
E' il più antico dei Cavalieri, colui che ha fondato l'ordine in tempi così remoti che ormai sono più una leggenda che non un vero fatto documentato. Gufo possiede tutte le capacità degli altri Cavalieri e tuttavia a sua volta non è perfetto proprio perchè, assieme ai punti di forza, si trova a dover fare i conti con le opposizioni dentro di sè. Questo vissuto fatto di vere e proprie prove continuative, vede il Cavaliere Gufo come unico esempio vivente nell' aver accumulato tutta una serie di esperienze molto utili nell'insegnamento, arte ultima che al momento persegue. Molto riflessivo normalmente, tuttavia alle volte si muove in modo da tagliare i ponti senza spiegare troppo il perchè e senza tentare conciliazioni: forse riesce a vedere così in profondità da sapere che andrà male comunque, oppure non ne ha più voglia o semplicemente è un suo limite. I Cavalieri la pensano in modo variegato, chissà chi di loro ha ragione.
DELFINO
Pacata ed intelligente, aspetta sempre il momento giusto prima di intervenire personalmente in qualsiasi contesa o problematica, lasciando che sia il tempo a lavorare per lei ed impiegandolo soprattutto per tentare vie diplomatiche e strategiche. Qualora la sua spada dovesse venire sguainata, a dispetto del basso profilo che mantiene normalmente, svelerebbe la sua vera forza che non si limita solamente alla parola. Generosa e materna sa elargire la pace agli altri, anche solo con uno sguardo, oltrechè a creare la calma del mare cheto dentro sè stessa. Per l'ordine dei Cavalieri, rappresenta la figura materna per eccellenza. Molto spesso non agisce in prima persona, chiedendo consiglio anche a Cavalieri meno anziani ma con una visione differente della vita e delle cose, dando prova così di estrema umiltà e disponibilità.
COLIBRI'
Cavaliere esperto, è uno dei luogotenenti di Gufo, a mantiene un temperamento piuttosto focoso sebbene fuori dalla battaglia cerchi sempre di espandere il suo sorriso e la quiete tutto intorno a sè. Nel momento in cui la sua lancia viene estratta per difendersi, difendere un fratello od attaccare direttamente un qualsiasi ostacolo, allora la sua benevolenza muta in furore. Figura di riferimento per molti Cavalieri non disdegna mai un insegnamento a nessuno, tanto più coglie qualsiasi opportunità per imparare qualcosa di nuovo. La caratteristica peculiare di Colibrì è la determinazione, giammai lascerà indietro la sua missione, qualunque essa sia, ma non per questo diverrà mai fanatica nè raffredderà il suo cuore.
CAMALEONTE
Il suo nome deriva dalla sua peculiare capacità di mutare forma a seconda della situazione che gli si pone innanzi, non è solo la forma esterna ma anche lo stile di combattimento, la postura, la voce e tutta una serie di particolari che lo rende adattabile a qualsiasi cambiamento esterno in modo da restarvi in armonia, oppure in opposizione feroce, dipende dalle sue intenzioni. Come impiego preferisce restare in disparte, rispetto ad altri Cavalieri, girando tra le fila per curare i feriti, estrarre eventuali schegge prima che si incistino nelle ferite, chiudere gli squarci altrui ed in genere dare conforto oppure consolazione. Non è tuttavia immune nè all'ira nè alla superbia, una concatenata all'altra, e questo spesso lo porta a rischiare guerre intestine, causate anche dall'incapacità d'altri di riuscire a prevederlo e dalla sua spinta interna a rendersi inquietante alla vista. Per sua somma fortuna sa ascoltare gli amici, avendone molti più dei nemici.
GRILLO
Cavaliere dalle mille risorse, spesso appare come indifesa e candida ma la realtà è ben diversa poichè ella sa essere sorella e madre con i suoi confratelli, tuttavia le due lame seghettate che utilizza sono armi pericolose che sa muovere con maestria qualora dovesse avere a che fare con un nemico prescelto oppure dovesse essere attaccata, da incauta presenza. Lavoratrice stoica, spesso rischia la spossatezza ed è per questo che la sua corazza è sempre indossata ed impedisce, a chiunque si trovi all'esterno, una visuale del suo corpo scoperto. L'energia interna che Grillo sa sviluppare è pari a quella di Orso Nero del Nord, sebbene la sua possanza fisica sia inferiore a quella di lui, la sua agilità nel muovere le armi come un turbine tagliente è insuperabile, persino la lancia di Camaleonte teme i suoi colpi. Le sue antenne le permettono di vedere oltre ciò che gli occhi le precludono, questo fa di lei un Cavaliere da mantenere in amicizia ed un nemico da non prendere alla leggera.
PANDA
GIAGUARO
GUFO
E' il più antico dei Cavalieri, colui che ha fondato l'ordine in tempi così remoti che ormai sono più una leggenda che non un vero fatto documentato. Gufo possiede tutte le capacità degli altri Cavalieri e tuttavia a sua volta non è perfetto proprio perchè, assieme ai punti di forza, si trova a dover fare i conti con le opposizioni dentro di sè. Questo vissuto fatto di vere e proprie prove continuative, vede il Cavaliere Gufo come unico esempio vivente nell' aver accumulato tutta una serie di esperienze molto utili nell'insegnamento, arte ultima che al momento persegue. Molto riflessivo normalmente, tuttavia alle volte si muove in modo da tagliare i ponti senza spiegare troppo il perchè e senza tentare conciliazioni: forse riesce a vedere così in profondità da sapere che andrà male comunque, oppure non ne ha più voglia o semplicemente è un suo limite. I Cavalieri la pensano in modo variegato, chissà chi di loro ha ragione.
DELFINO
Pacata ed intelligente, aspetta sempre il momento giusto prima di intervenire personalmente in qualsiasi contesa o problematica, lasciando che sia il tempo a lavorare per lei ed impiegandolo soprattutto per tentare vie diplomatiche e strategiche. Qualora la sua spada dovesse venire sguainata, a dispetto del basso profilo che mantiene normalmente, svelerebbe la sua vera forza che non si limita solamente alla parola. Generosa e materna sa elargire la pace agli altri, anche solo con uno sguardo, oltrechè a creare la calma del mare cheto dentro sè stessa. Per l'ordine dei Cavalieri, rappresenta la figura materna per eccellenza. Molto spesso non agisce in prima persona, chiedendo consiglio anche a Cavalieri meno anziani ma con una visione differente della vita e delle cose, dando prova così di estrema umiltà e disponibilità.
COLIBRI'
Cavaliere esperto, è uno dei luogotenenti di Gufo, a mantiene un temperamento piuttosto focoso sebbene fuori dalla battaglia cerchi sempre di espandere il suo sorriso e la quiete tutto intorno a sè. Nel momento in cui la sua lancia viene estratta per difendersi, difendere un fratello od attaccare direttamente un qualsiasi ostacolo, allora la sua benevolenza muta in furore. Figura di riferimento per molti Cavalieri non disdegna mai un insegnamento a nessuno, tanto più coglie qualsiasi opportunità per imparare qualcosa di nuovo. La caratteristica peculiare di Colibrì è la determinazione, giammai lascerà indietro la sua missione, qualunque essa sia, ma non per questo diverrà mai fanatica nè raffredderà il suo cuore.
CAMALEONTE
Il suo nome deriva dalla sua peculiare capacità di mutare forma a seconda della situazione che gli si pone innanzi, non è solo la forma esterna ma anche lo stile di combattimento, la postura, la voce e tutta una serie di particolari che lo rende adattabile a qualsiasi cambiamento esterno in modo da restarvi in armonia, oppure in opposizione feroce, dipende dalle sue intenzioni. Come impiego preferisce restare in disparte, rispetto ad altri Cavalieri, girando tra le fila per curare i feriti, estrarre eventuali schegge prima che si incistino nelle ferite, chiudere gli squarci altrui ed in genere dare conforto oppure consolazione. Non è tuttavia immune nè all'ira nè alla superbia, una concatenata all'altra, e questo spesso lo porta a rischiare guerre intestine, causate anche dall'incapacità d'altri di riuscire a prevederlo e dalla sua spinta interna a rendersi inquietante alla vista. Per sua somma fortuna sa ascoltare gli amici, avendone molti più dei nemici.
GRILLO
Cavaliere dalle mille risorse, spesso appare come indifesa e candida ma la realtà è ben diversa poichè ella sa essere sorella e madre con i suoi confratelli, tuttavia le due lame seghettate che utilizza sono armi pericolose che sa muovere con maestria qualora dovesse avere a che fare con un nemico prescelto oppure dovesse essere attaccata, da incauta presenza. Lavoratrice stoica, spesso rischia la spossatezza ed è per questo che la sua corazza è sempre indossata ed impedisce, a chiunque si trovi all'esterno, una visuale del suo corpo scoperto. L'energia interna che Grillo sa sviluppare è pari a quella di Orso Nero del Nord, sebbene la sua possanza fisica sia inferiore a quella di lui, la sua agilità nel muovere le armi come un turbine tagliente è insuperabile, persino la lancia di Camaleonte teme i suoi colpi. Le sue antenne le permettono di vedere oltre ciò che gli occhi le precludono, questo fa di lei un Cavaliere da mantenere in amicizia ed un nemico da non prendere alla leggera.
PANDA
Cavaliere dell'introspezione, ella si ritira ogni inverno in una grotta, quasi a voler
rianalizzare e digerire tutti gli eventi accadutigli durante l'annata. Sembra
chiudersi in un lungo silenzio, in un gran vuoto, nel quale cercare le risposte
a tutte le sue domande. Questo Cavaliere sceglie la via del silenzio e della
solitudine per cercare di avvicinarsi a se stessa: un ottimo modo per trovare
risposte che alla fine sono sempre entro di lei.. L'introspezione le è
necessaria per imparare a capire i suoi desideri ed è una forma d’energia
ricettiva tipicamente femminile. Panda si ritira dunque in inverno per poi
rinascere in primavera. Panda mostra agli altri Cavalieri, come sia importante
sapersi sottrarre, di tanto in tanto, dalla concitazione del nostro mondo così
come dalla furia dei nostri pensieri. Solo nella calma, infatti, si può riuscire ad ascoltare la voce dell' essere più intimo, che può darci la
risposta a tutte le nostre domande e la soluzione a tutti i nostri problemi. Panda fa uso della sua forza quando vuole raggiungere gli scopi che si è prefissa.
GIAGUARO
Questo
Cavaliere ha in sé la forza che può però essere usata dalle due opposte fazioni
esistenti: bene o male, nelle diverse ed infinite sfaccettature e cioè avere
punti di forza ma anche lati oscuri.
Si muove silenziosa ed elegante mostrando come le tre componenti fondamentali (corpo, mente e spirito) siano tra loro in perfetta armonia.
Spesso questo Cavaliere cerca di porsi alla guida di un gruppo, spingendosi a tener fede alle sue convinzioni ( che possono essere sani valori ma anche pregiudizi) e a saper gestire l’energia e la forza di cui dispone.
Giaguaro non mostra mai le sue paure nè le sue fragilità, bensì la sua prontezza e la consapevolezza delle proprie responsabilità, mantenendo un rispettoso distacco dagli altri.
Si muove silenziosa ed elegante mostrando come le tre componenti fondamentali (corpo, mente e spirito) siano tra loro in perfetta armonia.
Spesso questo Cavaliere cerca di porsi alla guida di un gruppo, spingendosi a tener fede alle sue convinzioni ( che possono essere sani valori ma anche pregiudizi) e a saper gestire l’energia e la forza di cui dispone.
Giaguaro non mostra mai le sue paure nè le sue fragilità, bensì la sua prontezza e la consapevolezza delle proprie responsabilità, mantenendo un rispettoso distacco dagli altri.
Spesso, per i suddetti motivi, rischia di passare come Cavaliere dalla mentalità ristretta e dogmatica, troppo inflessibile e cieco per adattarsi alla vera missione dei Cavalieri tutti, anzi alle volte si trova a muovere contro i suoi stessi confratelli, imprigionata in una serie di comportamenti dei quali non riesce a liberarsi con facilità.
martedì 26 agosto 2014
La dama fantasma
La neve scendeva candida dall'alto del cielo, in autunno quel piccolo villaggio di confine cadeva spesso nella morsa del gelo e veniva isolato dal resto del paese. Gli abitanti avevano imparato a fare scorta di cibo e legna, durante l'estate e la primavera, così da non dover mai patire la fame ed il freddo. Non vi erano mai molti visitatori, superare il passo era impresa non da poco ma quell'anno una donna era arrivata da nord, a piedi, superando le vie impervie di quel loco con il solo ed unico scopo di indagare sulle morti che da mesi attanagliavano la zona tutta. Pareva che in soli due mesi fossero morti, in incidenti poco chiari, almeno una mezza dozzina di maschi adulti senza alcun apparente legame tra loro. Il Cavaliere Gatta, questo il suo nome, varcò la soglia della locanda proprio nel momento in cui stava calando il buio: era superba nella sua armatura leggera dalla quale spiccavano solamente gli azzurri occhi ed alcune parti del viso che suggerivano delicatezza e, nel contempo, assoluta fermezza dell'animo.
Il borgomastro, un ometto grassoccio con pochi capelli in testa ed un curioso paio di occhiali tondi posti in equilibrio precario sul naso, le andò incontro piegando il capo verso terra e, al di lei gesto di saluto, iniziò a parlarle con un tono piuttosto greve che tendeva al basso, difficile da udire a distanza non ravvicinata :
- Meno male che siete giunta. Quest'estate hanno perso la vita in strani incidenti ben sei, tra uomini e ragazzi,
del nostro villaggio. Erano tutti battitori di piste esperti, eppure hanno trovato la fine nei boschi. Chi è caduto da un burrone, chi è rimasto incastrato sotto l'acqua del fiume, chi addirittura si è avvelenato con funghi proibiti, dei quali avrebbe dovuto conoscere gli effetti venefici. Tutti loro avevano famiglia, non so più cosa fare con la popolazione che si dice spaventata, alcuni temono una maledizione...Vi prego Cavaliere di Prepos, aiutateci -
La supplica dell'uomo parve non attecchire minimamente sul volto affilato di Gatta, la quale tuttavia si trovò ad annuire pensierosa e mosse alcuni passi verso il bancone fino ad appoggiarvi sopra la mano sinistra, rivolgendosi all'oste con tono garbato sebbene perentorio come timbro - Oste, una stanza per due giorni, saranno più che sufficienti. Fatemi avere una tinozza d'acqua fresca, del pane e del formaggio. Per quanto riguarda Voi, signor Borgomastro, domani mattina portate qui le famiglie dei cari estinti, diciamo per le nove- ; il borgomastro mosse alcune domande tecniche alla volta della donna, la quale però rimandò tutto al giorno dopo semplicemente salendo le scale, verso la sua stanza, dopo aver lasciato una manciata di monete sul bancone.
La notte trascorse agitata, Gatta come ogni Cavaliere aveva ricevuto il suo nome per alcuni tratti del suo carattere, tra cui una spiccata sensibilità per quanto riguarda l'ambiente circostante e fu proprio questa sua empatia che le fece trascorrere una pessima nottata costellata da incubi, tutti incentrati su figure oscure in armatura attorniati da fiamme e tenebre con un sottofondo simile al pianto femminile, distante ed incessante ed una voce di donna che ripeteva qualcosa in modo ossessivo, tuttavia la parola non era comprensibile a Gatta.
Il mattino salutò i viventi con un freddo sole giallo che si alzava nel cielo con poca forza, attorniato da venti gelidi che sollevavano pulviscolo biancastro e ne depotenziavano il calore emesso. Subito dopo la colazione, consumata a base di carne, patate e birra, Gatta si apprestò ad incontrare le famiglie di coloro che erano appena scomparsi. Si rivolse a loro osservandoli senza dire nulla , fece appello ad un'altra sua capacità che andava a compensare l'empatia: entrambi gli occhi avevano la pupilla a taglio, esattamente come ogni felino, e se con il destro poteva osservare e "sentire" empaticamente l'altro, con il sinistro era in grado di analizzare la situazione in modo preciso ed analitico, deducendo fatti e situazioni altrimenti celate ai più.
- Noto una certa paura nel parlare con me da parte Vostra, riesco chiaramente a sentire i vostri sentimenti contrastanti tra ciò che è accaduto, come dovreste mostrarvi e come invece vi sentite. E cioè sollevati da queste morti. Ma state tranquilli, so che non siete stati voi ad uccidere qualcuno, lo deduco sia dalla vostra postura che da tutta una serie di fattori visibili ad occhio nudo, tirando le somme - parlava con tono neutro, assolutamente scevro dal giudizio o dalla presunzione, annuiva spesso ed infine si lasciò raccontare da ognuno di loro come questi uomini, e ragazzi, avevano un carattere non troppo felice in famiglia per quanto riguardava le loro abitudini di oppressione, squalifica, intimidazione, seduzione, demotivazione, istigazione e manipolazione cui erano dediti a seconda dei casi.
Gatta annuì - Dunque le vittime hanno qualcosa in comune: trattavano male le persone che li amavano - riflettè ad alta voce e si voltò verso un borgomastro che la osservava ad occhi sgranati e bocca dischiusa, sorpreso come mai prima d'allora d'aver assistito ad indagini così brevi e precise. Aveva sentito parlare dei Cavalieri di Prepos ma non credeva arrivassero a tanto. Si scosse quando le di lei parole lo raggiunsero, flebili ma mai incerte - Borgomastro...gentilmente potrei avere accesso alle cronache di questo borgo? - , lui deglutì ed annuì visibilmente biancastro in faccia - Si..ehm..le cronache si trovano nella Torre dell'oblio posta sul crinale est del borgo. Nessuno ci va da anni, si dice sia maledetta, tuttavia se ve la sentite basta risalire la collina ed una volta in cima sarà facile trovarla a vista - pareva sinceramente spaventato, Gatta tuttavia decise di non badare alle leggende e si apprestò ad uscire dalla locanda, pronta a risalire il crinale.
La marcia era resa difficile dalla neve alta, nessuno puliva quel tratto di bosco ed il Borgomastro aveva ragione nel sostenere che nessuno fosse mai andato da quella parte, l'analisi del terreno era concorde anche se la sensibilità empatica stava avvisando Gatta, da molto e sempre di più mano a mano che risaliva il percorso, di un pericolo imminente sulla sua persona. Si girò di scatto quando si sentì osservata, e ciò che vide la fece trasalire: c'era una donna appoggiata ad un albero, piangeva ed era girata di fianco rispetto a lei, tra un singhiozzo e l'altro alzò il viso verso Gatta e si trovò a guardarla, restarono in silenzio per una decina di minuti, durante i quali il Cavaliere prese una margherita bellissima tra le sue mani e la porse alla donna che cercò di raccoglierla. Le cadde di mano, o meglio, cadde verso terra perchè la donna altro non era che un fantasma intangibile.
- Mi chiamo .... - sospirò il fantasma osservando Gatta da lontano, nonostante fossero a pochi metri - Il mio nome non potrà essere udito fino a che il Conte Godard dominerà su queste terre con il suo scempio e la sua impunità. Devi andare alla Torre dell'Oblio ed affrontarlo. Quell'arco non ti servirà a nulla, tuttavia dammi due delle tue frecce, le intingerò in queste mie lacrime: nascono dall'amore calpestato, dalla fiducia tradita e dalla disperazione pre mortem che in me restano vivide e mi tengono su questa terra, almeno fino a che giustizia non sarà fatta sul mio passato, sul mio nome e sulla mia vita - prese le due frecce dalla faretra di Gatta e le intinse letteralmente nelle sue lacrime che abbondanti fluirono sul quel viso candido e bellissimo - Vai ad affrontare il Conte, dopo se sopravvivrai, ne parleremo meglio. Sappi che sono stata io ad uccidere quegli uomini, come lui abusavano dell'affetto che gli veniva dato, dovevano pagare! - .
Senza apporre ulteriori domande, avendo comunque Gatta ben avvertito alcune sensazioni dal fantasma: il profondo dolore del tradimento che si mischiava all'amore per questo Conte Godard, il tutto veniva reso invischiato e poco chiaro, impossibile separarsi dalla vita terrena proprio perchè in questo mondo ella aveva conosciuto l'amore, ad esso si era affidata proteggendolo con tutta sè stessa ma, alla fine, era stata tradita e colpita a morte ripetutamente proprio da quel Conte cui aveva consacrato il suo cuore. La maldicenza del suo nome, avvenuta in seguito alla sua morte, non era mai stata attribuita al Conte ma solo alla presunta vigliaccheria della donna stessa. Bisognava porre giustizia, questo per Gatta era chiaro.
Sfondò il portone della torre con un calcio ben assestato e si profilò all'interno con arco e frecce alla mano, restò tuttavia basita dall'imponente guerriero oscuro che si trovò innanzi, seduto nel suo scranno fatto di sangue e teschi. Lui, questo essere ormai non più umano, si trovò ad osservarla con un sogghigno stampato nel volto e quando parlò lo fece con una voce profonda, cavernosa, che scosse il corpo e l'anima di Gatta: -Innumerevoli Cavalieri sono caduti cercando di prendere la mia testa, ma li ho divorati tutti. Sei pronta per essere immolata alla gloria del Sangue e dell'Acciaio?Quell'arco non ti servirà a niente contro di me -
Ciò che il Conte Godard non disse venne comunque percepito dai sensi di Gatta per ciò che riguardava direttamente lui. Come c'era da aspettarsi il Conte non pensava di essere una persona malvagia, pensava in realtà di essere dalla parte del giusto e proprio per questo diventava molto difficile farlo capitolare. Lui, come Gatta, sentiva di avere una missione da compiere e soprattutto sapeva di avere un passato di un certo tipo. Gatta lo vide in un attimo
Borgo del Nord, 30 anni prima:
La guerra contro i Cavalieri Oscuri imperversava su tutto il globo, i Cavalieri stavano vivendo la "scissione" e di conseguenza i popoli liberi dovevano badare a sè stessi da soli. Un gigantesco guerriero chiamato Conte Godard, oltre che difendere il suo piccolo Borgo dalle tenebre, intraprese da solo la campagna che lo vide frapporsi contro la follia che dilagava nei ducati di Schleswig e Holstein, terre lontane che rischiavano di divenire le capitali della tenebra corruttrice. Con pochi uomini guidò l'assalto e sconfisse il nemico, liberando un popolo che era stato venduto al nemico da una resa codarda della famiglia reale.
La figlia del Re, morto anni prima come ricompensa per la sua "resa", sposò il Conte Godard ed assieme a lui tornò nel Borgo.
I due si amavano e per lei non contava essere sola in un continente sconosciuto, avendo comunque lui come punto di riferimento. Poco dopo la risoluzione da parte dei Cavalieri di Prepos del loro scisma, le cose iniziarono a peggiorare per la coppia: la ragazza si ritrovò ad assistere ad un peggioramento dei rapporti con il Conte quando espresse a lui la mancanza del suo defunto padre a cui voleva bene, al di là di tutto. Il Conte si infuriò, odiava quella famiglia per come aveva venduto un popolo intero e non tollerava che la sua sposa potesse amarli ancora, quindi iniziò a prendersela con lei senza nemmeno accorgersene. Quando poi, alcuni nel villaggio, si fecero vedere a confortare la donna allora egli impazzì del tutto. La Tenebra era ormai sedata dai Cavalieri di Prepos e lui non doveva più combattere, non doveva più rischiare ma così non fu nemmeno più gratificato dal suo popolo come era stato abituato fino a poco prima, inoltre la paranoia ossessiva di una moglie che secondo lui gli stava inimicando tutti lo rese aggressivo. Passava le giornate a dirle che non valeva nulla, che era figlia di ipocriti e ciarlatani, che il di lei sangue trasmesso ai figli era solo uno smacco nella sua vita, un errore di percorso.
La lasciò sola nel suo dolore e lui stesso rimase sempre più lontano dalla sua gente. Alla fine la donna perse la vita, non è chiaro se ciò avvenne per sua stessa mano o per un incidente dovuto all'assunzione di un elisir allucinogeno potente. Il Conte, ormai pazzo di rabbia e convinto che qualcuno volesse la sua testa a causa di maldicenze della defunta moglie, dichiarò al borgomastro che quella torre sarebbe stata sua e che nessuno si sarebbe dovuto avvicinare, pena la morte. Cosa che avvenne svariate volte finchè il borgomastro non rinunciò a quel dominio. Senza più cronache consultabili, la storia del Conte e della sua amata si perse nel tempo.
Gatta alzò l'arco e prese la mira con tutta calma, il Conte rise sprezzante e si alzò in piedi di scatto. Troppo tardi, la freccia di Gatta gli si piantò in mezzo agli occhi facendolo barcollare - Non posso essere ucciso...e adesso... - la sua mano destra afferrò la freccia e la tirò con forza, ma questa non si spostò dalla sua fronte - Ma...che cosa? Che cosa hai fatto??!!! - tuonò iracondo il Conte, soprattutto nel trovare lo sguardo fermo e contemplativo di Gatta su di sè, la quale rispose in un mezzo sussurro a lui: - Ho messo in contatto la parte profonda di lei con la tua mente, ora lo farò con il tuo cuore Conte Godard. Dì il suo nome e tutto finirà -.
Il Conte si irrigidì di colpo quando vide la seconda freccia venire incoccata e tesa la corda, tentò di muoversi ma il corpo non rispondeva più al suo padrone. Quando la punta d'acciaio gli penetrò nel cuore e riversò in esso la vita tutta della donna, allora egli gridò forte il suo nome - Kirsten! Mi dispiace Kirsten..io..io credevo che...aaaarghhh!!!- portò ambedue le mani al cranio, premendo sulle tempie, successivamente cadde in ginocchio e sempre piangendo si trovò a cadere a terra a faccia in giù, sconvolto e trasfigurato dalle convulsioni non riuscì nemmeno a parlare. Gatta non si lasciò sfuggire il suo momento, intervenne subito posizionando le mani sul corpo di lui e con enorme sforzo iniziò a strappare la tenebra oscura dal suo corpo. Il processo fu lungo e doloroso perchè la stessa Gatta rischiava di divenire preda dell'oscurità.
Se non lo avesse fatto avrebbe semplicemente condannato un uomo al dolore eterno, senza rimandi e senza miglioramento, avrebbe tradito la sua stessa causa e per questo Gatta rischiò la sua vita e la sua sanità mentale per riportare ordine, giustizia e libertà in quelle terre. Il pensiero di Kirsten e Godard fu nuovamente libero dai condizionamenti, fu condiviso da tutto il Borgo e le malelingue cessarono di colpo. I due, morti ormai da tanti anni nella loro essenza più umana, trovarono infine l'amore che avevano cercato in vita solo adesso, in un'altro mondo. Un mondo ove la corruzione, la pazzia e l'egocentrismo erano banditi per permettere alle anime dei cari estinti di potersi finalmente amare.
Senza Gatta, tutto ciò, non sarebbe stato possibile. Ella se ne andò quasi subito, altre avventure la aspettavano, degne di essere vissute, degne di essere combattute. La vita del Cavaliere è fatta così e Gatta lo sapeva.
Il borgomastro, un ometto grassoccio con pochi capelli in testa ed un curioso paio di occhiali tondi posti in equilibrio precario sul naso, le andò incontro piegando il capo verso terra e, al di lei gesto di saluto, iniziò a parlarle con un tono piuttosto greve che tendeva al basso, difficile da udire a distanza non ravvicinata :
- Meno male che siete giunta. Quest'estate hanno perso la vita in strani incidenti ben sei, tra uomini e ragazzi,
del nostro villaggio. Erano tutti battitori di piste esperti, eppure hanno trovato la fine nei boschi. Chi è caduto da un burrone, chi è rimasto incastrato sotto l'acqua del fiume, chi addirittura si è avvelenato con funghi proibiti, dei quali avrebbe dovuto conoscere gli effetti venefici. Tutti loro avevano famiglia, non so più cosa fare con la popolazione che si dice spaventata, alcuni temono una maledizione...Vi prego Cavaliere di Prepos, aiutateci -
La supplica dell'uomo parve non attecchire minimamente sul volto affilato di Gatta, la quale tuttavia si trovò ad annuire pensierosa e mosse alcuni passi verso il bancone fino ad appoggiarvi sopra la mano sinistra, rivolgendosi all'oste con tono garbato sebbene perentorio come timbro - Oste, una stanza per due giorni, saranno più che sufficienti. Fatemi avere una tinozza d'acqua fresca, del pane e del formaggio. Per quanto riguarda Voi, signor Borgomastro, domani mattina portate qui le famiglie dei cari estinti, diciamo per le nove- ; il borgomastro mosse alcune domande tecniche alla volta della donna, la quale però rimandò tutto al giorno dopo semplicemente salendo le scale, verso la sua stanza, dopo aver lasciato una manciata di monete sul bancone.
La notte trascorse agitata, Gatta come ogni Cavaliere aveva ricevuto il suo nome per alcuni tratti del suo carattere, tra cui una spiccata sensibilità per quanto riguarda l'ambiente circostante e fu proprio questa sua empatia che le fece trascorrere una pessima nottata costellata da incubi, tutti incentrati su figure oscure in armatura attorniati da fiamme e tenebre con un sottofondo simile al pianto femminile, distante ed incessante ed una voce di donna che ripeteva qualcosa in modo ossessivo, tuttavia la parola non era comprensibile a Gatta.
Il mattino salutò i viventi con un freddo sole giallo che si alzava nel cielo con poca forza, attorniato da venti gelidi che sollevavano pulviscolo biancastro e ne depotenziavano il calore emesso. Subito dopo la colazione, consumata a base di carne, patate e birra, Gatta si apprestò ad incontrare le famiglie di coloro che erano appena scomparsi. Si rivolse a loro osservandoli senza dire nulla , fece appello ad un'altra sua capacità che andava a compensare l'empatia: entrambi gli occhi avevano la pupilla a taglio, esattamente come ogni felino, e se con il destro poteva osservare e "sentire" empaticamente l'altro, con il sinistro era in grado di analizzare la situazione in modo preciso ed analitico, deducendo fatti e situazioni altrimenti celate ai più.
- Noto una certa paura nel parlare con me da parte Vostra, riesco chiaramente a sentire i vostri sentimenti contrastanti tra ciò che è accaduto, come dovreste mostrarvi e come invece vi sentite. E cioè sollevati da queste morti. Ma state tranquilli, so che non siete stati voi ad uccidere qualcuno, lo deduco sia dalla vostra postura che da tutta una serie di fattori visibili ad occhio nudo, tirando le somme - parlava con tono neutro, assolutamente scevro dal giudizio o dalla presunzione, annuiva spesso ed infine si lasciò raccontare da ognuno di loro come questi uomini, e ragazzi, avevano un carattere non troppo felice in famiglia per quanto riguardava le loro abitudini di oppressione, squalifica, intimidazione, seduzione, demotivazione, istigazione e manipolazione cui erano dediti a seconda dei casi.
Gatta annuì - Dunque le vittime hanno qualcosa in comune: trattavano male le persone che li amavano - riflettè ad alta voce e si voltò verso un borgomastro che la osservava ad occhi sgranati e bocca dischiusa, sorpreso come mai prima d'allora d'aver assistito ad indagini così brevi e precise. Aveva sentito parlare dei Cavalieri di Prepos ma non credeva arrivassero a tanto. Si scosse quando le di lei parole lo raggiunsero, flebili ma mai incerte - Borgomastro...gentilmente potrei avere accesso alle cronache di questo borgo? - , lui deglutì ed annuì visibilmente biancastro in faccia - Si..ehm..le cronache si trovano nella Torre dell'oblio posta sul crinale est del borgo. Nessuno ci va da anni, si dice sia maledetta, tuttavia se ve la sentite basta risalire la collina ed una volta in cima sarà facile trovarla a vista - pareva sinceramente spaventato, Gatta tuttavia decise di non badare alle leggende e si apprestò ad uscire dalla locanda, pronta a risalire il crinale.
La marcia era resa difficile dalla neve alta, nessuno puliva quel tratto di bosco ed il Borgomastro aveva ragione nel sostenere che nessuno fosse mai andato da quella parte, l'analisi del terreno era concorde anche se la sensibilità empatica stava avvisando Gatta, da molto e sempre di più mano a mano che risaliva il percorso, di un pericolo imminente sulla sua persona. Si girò di scatto quando si sentì osservata, e ciò che vide la fece trasalire: c'era una donna appoggiata ad un albero, piangeva ed era girata di fianco rispetto a lei, tra un singhiozzo e l'altro alzò il viso verso Gatta e si trovò a guardarla, restarono in silenzio per una decina di minuti, durante i quali il Cavaliere prese una margherita bellissima tra le sue mani e la porse alla donna che cercò di raccoglierla. Le cadde di mano, o meglio, cadde verso terra perchè la donna altro non era che un fantasma intangibile.
- Mi chiamo .... - sospirò il fantasma osservando Gatta da lontano, nonostante fossero a pochi metri - Il mio nome non potrà essere udito fino a che il Conte Godard dominerà su queste terre con il suo scempio e la sua impunità. Devi andare alla Torre dell'Oblio ed affrontarlo. Quell'arco non ti servirà a nulla, tuttavia dammi due delle tue frecce, le intingerò in queste mie lacrime: nascono dall'amore calpestato, dalla fiducia tradita e dalla disperazione pre mortem che in me restano vivide e mi tengono su questa terra, almeno fino a che giustizia non sarà fatta sul mio passato, sul mio nome e sulla mia vita - prese le due frecce dalla faretra di Gatta e le intinse letteralmente nelle sue lacrime che abbondanti fluirono sul quel viso candido e bellissimo - Vai ad affrontare il Conte, dopo se sopravvivrai, ne parleremo meglio. Sappi che sono stata io ad uccidere quegli uomini, come lui abusavano dell'affetto che gli veniva dato, dovevano pagare! - .
Senza apporre ulteriori domande, avendo comunque Gatta ben avvertito alcune sensazioni dal fantasma: il profondo dolore del tradimento che si mischiava all'amore per questo Conte Godard, il tutto veniva reso invischiato e poco chiaro, impossibile separarsi dalla vita terrena proprio perchè in questo mondo ella aveva conosciuto l'amore, ad esso si era affidata proteggendolo con tutta sè stessa ma, alla fine, era stata tradita e colpita a morte ripetutamente proprio da quel Conte cui aveva consacrato il suo cuore. La maldicenza del suo nome, avvenuta in seguito alla sua morte, non era mai stata attribuita al Conte ma solo alla presunta vigliaccheria della donna stessa. Bisognava porre giustizia, questo per Gatta era chiaro.
Sfondò il portone della torre con un calcio ben assestato e si profilò all'interno con arco e frecce alla mano, restò tuttavia basita dall'imponente guerriero oscuro che si trovò innanzi, seduto nel suo scranno fatto di sangue e teschi. Lui, questo essere ormai non più umano, si trovò ad osservarla con un sogghigno stampato nel volto e quando parlò lo fece con una voce profonda, cavernosa, che scosse il corpo e l'anima di Gatta: -Innumerevoli Cavalieri sono caduti cercando di prendere la mia testa, ma li ho divorati tutti. Sei pronta per essere immolata alla gloria del Sangue e dell'Acciaio?Quell'arco non ti servirà a niente contro di me -
Ciò che il Conte Godard non disse venne comunque percepito dai sensi di Gatta per ciò che riguardava direttamente lui. Come c'era da aspettarsi il Conte non pensava di essere una persona malvagia, pensava in realtà di essere dalla parte del giusto e proprio per questo diventava molto difficile farlo capitolare. Lui, come Gatta, sentiva di avere una missione da compiere e soprattutto sapeva di avere un passato di un certo tipo. Gatta lo vide in un attimo
Borgo del Nord, 30 anni prima:
La guerra contro i Cavalieri Oscuri imperversava su tutto il globo, i Cavalieri stavano vivendo la "scissione" e di conseguenza i popoli liberi dovevano badare a sè stessi da soli. Un gigantesco guerriero chiamato Conte Godard, oltre che difendere il suo piccolo Borgo dalle tenebre, intraprese da solo la campagna che lo vide frapporsi contro la follia che dilagava nei ducati di Schleswig e Holstein, terre lontane che rischiavano di divenire le capitali della tenebra corruttrice. Con pochi uomini guidò l'assalto e sconfisse il nemico, liberando un popolo che era stato venduto al nemico da una resa codarda della famiglia reale.
La figlia del Re, morto anni prima come ricompensa per la sua "resa", sposò il Conte Godard ed assieme a lui tornò nel Borgo.
I due si amavano e per lei non contava essere sola in un continente sconosciuto, avendo comunque lui come punto di riferimento. Poco dopo la risoluzione da parte dei Cavalieri di Prepos del loro scisma, le cose iniziarono a peggiorare per la coppia: la ragazza si ritrovò ad assistere ad un peggioramento dei rapporti con il Conte quando espresse a lui la mancanza del suo defunto padre a cui voleva bene, al di là di tutto. Il Conte si infuriò, odiava quella famiglia per come aveva venduto un popolo intero e non tollerava che la sua sposa potesse amarli ancora, quindi iniziò a prendersela con lei senza nemmeno accorgersene. Quando poi, alcuni nel villaggio, si fecero vedere a confortare la donna allora egli impazzì del tutto. La Tenebra era ormai sedata dai Cavalieri di Prepos e lui non doveva più combattere, non doveva più rischiare ma così non fu nemmeno più gratificato dal suo popolo come era stato abituato fino a poco prima, inoltre la paranoia ossessiva di una moglie che secondo lui gli stava inimicando tutti lo rese aggressivo. Passava le giornate a dirle che non valeva nulla, che era figlia di ipocriti e ciarlatani, che il di lei sangue trasmesso ai figli era solo uno smacco nella sua vita, un errore di percorso.
La lasciò sola nel suo dolore e lui stesso rimase sempre più lontano dalla sua gente. Alla fine la donna perse la vita, non è chiaro se ciò avvenne per sua stessa mano o per un incidente dovuto all'assunzione di un elisir allucinogeno potente. Il Conte, ormai pazzo di rabbia e convinto che qualcuno volesse la sua testa a causa di maldicenze della defunta moglie, dichiarò al borgomastro che quella torre sarebbe stata sua e che nessuno si sarebbe dovuto avvicinare, pena la morte. Cosa che avvenne svariate volte finchè il borgomastro non rinunciò a quel dominio. Senza più cronache consultabili, la storia del Conte e della sua amata si perse nel tempo.
Gatta alzò l'arco e prese la mira con tutta calma, il Conte rise sprezzante e si alzò in piedi di scatto. Troppo tardi, la freccia di Gatta gli si piantò in mezzo agli occhi facendolo barcollare - Non posso essere ucciso...e adesso... - la sua mano destra afferrò la freccia e la tirò con forza, ma questa non si spostò dalla sua fronte - Ma...che cosa? Che cosa hai fatto??!!! - tuonò iracondo il Conte, soprattutto nel trovare lo sguardo fermo e contemplativo di Gatta su di sè, la quale rispose in un mezzo sussurro a lui: - Ho messo in contatto la parte profonda di lei con la tua mente, ora lo farò con il tuo cuore Conte Godard. Dì il suo nome e tutto finirà -.
Il Conte si irrigidì di colpo quando vide la seconda freccia venire incoccata e tesa la corda, tentò di muoversi ma il corpo non rispondeva più al suo padrone. Quando la punta d'acciaio gli penetrò nel cuore e riversò in esso la vita tutta della donna, allora egli gridò forte il suo nome - Kirsten! Mi dispiace Kirsten..io..io credevo che...aaaarghhh!!!- portò ambedue le mani al cranio, premendo sulle tempie, successivamente cadde in ginocchio e sempre piangendo si trovò a cadere a terra a faccia in giù, sconvolto e trasfigurato dalle convulsioni non riuscì nemmeno a parlare. Gatta non si lasciò sfuggire il suo momento, intervenne subito posizionando le mani sul corpo di lui e con enorme sforzo iniziò a strappare la tenebra oscura dal suo corpo. Il processo fu lungo e doloroso perchè la stessa Gatta rischiava di divenire preda dell'oscurità.
Se non lo avesse fatto avrebbe semplicemente condannato un uomo al dolore eterno, senza rimandi e senza miglioramento, avrebbe tradito la sua stessa causa e per questo Gatta rischiò la sua vita e la sua sanità mentale per riportare ordine, giustizia e libertà in quelle terre. Il pensiero di Kirsten e Godard fu nuovamente libero dai condizionamenti, fu condiviso da tutto il Borgo e le malelingue cessarono di colpo. I due, morti ormai da tanti anni nella loro essenza più umana, trovarono infine l'amore che avevano cercato in vita solo adesso, in un'altro mondo. Un mondo ove la corruzione, la pazzia e l'egocentrismo erano banditi per permettere alle anime dei cari estinti di potersi finalmente amare.
Senza Gatta, tutto ciò, non sarebbe stato possibile. Ella se ne andò quasi subito, altre avventure la aspettavano, degne di essere vissute, degne di essere combattute. La vita del Cavaliere è fatta così e Gatta lo sapeva.
La nebbia ed il lago
Nella grande città di Nebbia Fitta vivevano numerose famiglie di contadini ed artigiani, ben poche invece erano le casate di nobili che ivi risiedevano; questo perchè con il passare dei secoli le famiglie che potevano pagarsi il viaggio, ormai stanche della nebbia onnipresente nel borgo, erano migrate tutte a sud a Lago Limpido ove pensavano, avrebbero trascorso una vita più serena e tranquilla, lontani dalle nebbie insidiose e lugubri della loro vecchia città.
In una locanda del borgo un Cavaliere in un'armatura verde lucente, raffigurante un camaleonte, ed un umile cameriere stavano parlando proprio di quell'unica famiglia che era rimasta a Nebbia Fitta.
- Grazie di essere venuto, Camaleonte. Io lavoro in questa locanda da 30 anni ormai e conosco bene la città. La famiglia dei Celati è sempre stata un mistero. Il padre è morto anni fa e da allora la madre non si fa mai vedere per strada ma manda suo figlio a fare le commissioni. Questo bambino è strano: a volte lo vedo zoppicare, altre volte mi accorgo che cammina gobbo ed altre ancora lo sorprendo mentre ciondola pericolosamente avanti ed indietro senza una motivazione. Tutto questo avviene sistematicamente un giorno dopo l'altro, ed ogni volta ha un movimento diverso! Camaleonte, per favore, cerca di scoprire cosa succede. -
Il Cavaliere annuì due o tre volte durante il racconto, sebbene alla fine si portò la mano al mento, proprio sotto l'elmo, e rimase silenzioso per diversi minuti. Non si vedeva nulla di lui poichè la corazza lo ricopriva totalmente sebbene non sembrasse pesargli in alcun modo. Si mosse di scatto verso la porta e prima di aprirla la sua corazza iniziò a brillare di tutti i colori del mondo, rendendolo senza forma, evanescente.
- D'accordo. Mi presenterai alla Signora come garzone, tuo nipote dirai. Al resto penserò io -
La voce non ammetteva ripensamenti e dopo aver parlato il colore della sua corazza prese la forma di un abito da garzone, lo stesso volto ora visibile sembrò ringiovanire di qualche anno e così anche l'aspetto: da fiero ed indomito guerriero assunse una postura umile e pacata. -Sono pronto mastro Oste, quando vuoi possiamo andare- anche la voce era cambiata, aveva mutato il suo timbro da squillante ed alto era diventato un sussurro pacato.
L'oste parve sconcertato ma presto si riprese, aveva chiamato apposta quel Cavaliere proprio per questa sua peculiare capacità, anche se vederla con i propri occhi era un'altra cosa, si disse.
Suonò due volte al campanello della Signora, innanzi ad un grande cancello nero le cui punte si stagliavano verso il cielo e dietro di esso, nascosto nella nebbia, vi era il Castello dei Celati, una costruzione semi circolare con i tetti che convergevano verso il centro interno piuttosto che verso il cielo. Non si capiva quali fossero i corridoi e quali le torri, si faceva fatica a comprendere la disposizione delle sale, tutto era eccessivamente confuso.
- Chi siete?!!- una voce risuonò nell'aria, difficile capire da dove provenisse.
- Sono l'oste mia Signora, è appena giunto nel Borgo mio nipote e pensavo che potrebbe esservi d'aiuto come garzone, è molto bravo ed ha bisogno di lavorare, fa anche le commissioni - disse l'oste, con tutta calma. Il cancello si aprì con un sordo cigolio e così Camaleonte entrò, perdendosi nella nebbia come tutto il resto, quando infine il cancello si richiuse , il timoroso oste se ne tornò alla sua umile dimora.
Il Cavaliere attraversò a passo lento i corridoi nebbiosi del castello, ancora camuffato da garzone, ma ben presto fermò il suo umile passo trovandosi di fronte un ragazzino di circa dodici anni che si muoveva attraverso i corridoi e le stanze a quattro zampe. Lo osservò senza muoversi verso di lui fino a che il ragazzo non lo notò e gli sorrise, in quel momento Camaleonte si accorse che il sorriso era la maschera di una grande sofferenza. - Ti fanno male le ginocchia, vero? - domandò infine ed il ragazzo annuì - Si, mia madre dice che è per il mio bene così le scarpe non si rovinano. Fa un pò male però è la mia mamma ed io credo in ciò che dice - . In effetti, notò Camaleonte, le scarpe erano lucide ed in perfette condizioni.
Il Cavaliere proseguì, stupito da ciò che aveva visto, ancora non gli era chiaro il quadro e preferì indagare più a fondo. La sala del trono era vicina, lì avrebbe incontrato la Signora, si fermò però poco prima perchè due figure gli passarono davanti e lui non potè trattenere la sorpresa: un ragazzo molto simile a quello precedentemente incontrato si spostava chinato a novanta gradi in avanti con una pesante maschera di marmo sul volto ed un altro, anche lui simile al primo incontrato, le cui braccia e gambe erano rispettivamente ricoperte da una corazza di ottone molto pesante che ne lasciava libere solo le mani, il capo ed i piedi.
- Che strani abiti indossate - commentò Camaleonte con quella voce flebile e lo sguardo basso, i due si fermarono e risposero uno dopo l'altro, il primo fu quello con la maschera: - Mamma mi ha confezionato questa maschera, dice che è per il mio bene poichè così il cappello non si rovina - , quindi il secondo - Anche per me è così, la mia corazza evita a pantaloni e casacca di stropicciarsi e sporcarsi, mamma lo fa perchè ci vuole bene-
Le cose iniziavano a configurarsi nel verso giusto, quindi sotto la sorpresa di tutti, Camaleonte assunse la sua vera forma di Cavaliere in armatura ed irruppe, scudo e lancia alla mano, all'interno della sala del trono. La Signora balzò in piedi e furente di rabbia, trasse una falce simile a quella della morte dalla sua tunica nero pece.
- Chi sei? Come osi entrare qui senza bussare? Sai chi sono io?-
Camaleonte non parve scuotersi in alcun modo, annuì semplicemente e si pose innanzi a lei in tutta la sua possanza fisica.
- Si. Tu sei una donna scontenta di ciò che ha ed incapace di voltare pagina affrontando la realtà per quella che è affidandosi agli altri.-
A queste prime parole la Signora compì un balzo che la portò proprio sopra il Cavaliere, sul quale abbassò la sua falce nera. Il cavaliere alzò lo scudo, parando il colpo, e si spostò indietro di due metri.
-Tu non sei andata a Lago Limpido ma non perchè ti piaccia Nebbia Fitta, semplicemente non avevi abbastanza soldi. Ti vergogni del fatto che i cittadini possano pensare che tu sia povera, da qui il tuo inganno.-
Mano a mano che Camaleonte parlava, gli occhi della donna sembravano infiammarsi sempre di più. Scagliò un colpo dalla sua destra alla sinistra cercando di tagliare a metà il Cavaliere, il quale saltò di lato verso la lama che si avvicinava a lui, che gli passò sotto andando a vuoto.
- Hai fatto credere di avere un solo figlio a tutti e, pur di mandarlo in giro per il Borgo con abiti perfetti che ti facessero apparire ricca, li hai ingannati dicendogli che era per il loro stesso bene, portandoli ad assumere pesi e posizioni che hanno rischiato di distruggerli tutti e tre.-
La Signora fece un passo indietro e, rossa di rabbia, corse verso il Cavaliere cercando di colpirlo alla testa con la punta della falce. Camaleonte si spostò di un passo verso sinistra all'ultimo secondo, alzò lo scudo in diagonale così la falce ci scivolò sopra finendo incagliata a terra, la mano destra del Cavaliere spinse la lancia in avanti spostando l'anca ed il corpo di modo da seguire, e dare forza, al colpo che trafisse la Signora poco sotto il cuore.
- I cittadini hanno notato che il ragazzo stava male, e preoccupati per la sua salute mi hanno chiamato. Io comprendo le tue ragioni, e tuttavia debbo agire al fine di chiudere questo problema che vi assale. -
La donna cercò di rialzarsi, ma cadde in ginocchio vinta da una forza che dalla lancia stava entrando dentro di lei. Si mise a piangere. Finalmente.
- Questa lancia è intrisa di ciò che manca: chiarezza, fiducia ed accettazione. Bisogna che tu dica la verità sia ai tuoi figli che al Borgo tutto. Dissipate questa nebbia che rende tutto così difficile da comprendere. Fatevi aiutare, fidatevi ed affidatevi a chi mi ha chiamato per l'amore verso un ragazzo che sembrava malato.-
Estrasse la lancia dal corpo della Signora, la quale si alzò e con poche mosse mise in piedi il primo dei gemelli, tolse la maschera al secondo e slacciò l'armatura al terzo. Guardò quindi Camaleonte, vicina ai suoi figli e con lacrime liberatorie sul volto li abbracciò.
- Dire una cosa per un'altra, spingere chi ci ama ad essere diverso da sè stesso per cercare di far sembrare diversa la realtà, temere il giudizio esterno al punto da non ascoltare più il proprio cuore..è sbagliato. Fa male a tutti e non ha alcun ritorno di vero amore. Iniziate a dirvi le cose come sono, paure e problemi compresi. Parlatene anche con l'oste che, a dispetto della diversità che c'è tra voi nobili e lui, vi vuole bene. -
E mentre la Signora, ora ringiovanita in un abito bianco che si intona in un castello scintillante con i tetti che puntano al cielo e la struttura imponente che par accogliere i viandanti, spiegava ai figli ed al popolo quali fossero le sue problematiche e le paure recondite...mentre tutto ciò avveniva anche la nebbia si diradò ed al suo posto sorse un lago di cui si poteva vedere il fondale.
Erano a Lago Limpido e l'unico modo per andarvi era proprio quello di non mistificare mai la realtà, specialmente con gli affetti e con sè stessi.
Camaleonte non era con loro, non più, il Cavaliere aveva altre avventure da vivere in quel mondo....
sabato 23 agosto 2014
Io sono Pitch
Mi chiamo Pitch e questa è la mia nave, il galeone dell'Incubo.
Da secoli solco i cieli alla ricerca di ciò per cui sono stato creato, ciò per cui mi è impossibile riposare in eterno, ciò che mi rende odiato e temuto dagli altri miei simili sebbene, senza di me, non avrebbe senso la loro esistenza.
Cerco terreno fertile per seminare il mio seme: la paura.
La mia fedele lancia ha la punta avvelenata con il terrore dell'anima, basta un piccolo graffio affinchè si diffonda nel bersaglio, e da lui a tutti coloro che dovessero venirne in contatto. Attenzione però, non mi è concesso usarla per attaccare bensì per difesa, strenua, contro coloro che attentano alla mia esistenza in senso olistico del termine. La paura non può venire meno, a questo dogma persino quell'omuncolo di Sandy deve arrendersi, finanche quell'uomo che dalla sua Luna osserva pigramente lo svolgersi degli eventi.
Nacqui come conseguenza alla vita, venni strappato alla mia vita precedente di cui conservo solo brandelli di ricordo, per rinascere come incarnazione della Paura ed essere obbligato a diffonderne il seme nel cosmo affinchè virtù come il coraggio, la responsabilità, la libertà, il saper godere degli effimeri piaceri della vita, la quiete interna, la sensibilità e l'amore potessero avere sia un termine di paragone sia un lato oscuro con cui venire misurati. E' solo grazie alla mia esistenza che gli altri cinque esistono ed hanno un senso percepibile dagli umani che tanto desiderano proteggere. E' la paura di perderli che li muove, oltre ad altre cose di minore importanza, sono cioè io il fulcro della loro esistenza.
E nonostante questo essi mi combattono, convinti di avere in me un nemico eterno che sia possibile abbattere o scacciare.
Sciocchi ed illusi.
Tanto tempo fa, subito dopo la mia rinascita, venne al mondo una creatura uguale a me e diametralmente opposta, il suo nome era Nottedoro ed il suo compito primario consisteva nel difendere una forma di vita infantile che mai aveva avuto incubi e mai ne avrebbe voluti avere: Lunicino. Questa è la versione che quei cinque amano raccontare, ma la realtà è ben differente.
Simbolicamente, io e Nottedoro, siamo la nemesi l'uno dell'altro ed esattamente come la luce e la tenebra, le nostre esistenze e tutto ciò che rappresentiamo perderebbero senso se l'altro dovesse venire meno, Lunicino rappresentava un fortissimo disequilibrio nell'ingranaggio della vita: il punto non è non provare mai, o sempre, paura bensì saperla riconoscere, darle un nome, vederla e quindi ridimensionarla. Se possibile. Quando la paura dovesse diventare terrore ricordiamoci che non dipende da me, da Nottedoro, da Sandy o qualsiasi altro...dipende da chi è in grado di provarla, di gestirla, di indurla negli altri o di lenirla.
Quando attaccai il pianeta ove Lunicino, ancora bambino, risiedeva insieme alla sua famiglia e Nottedoro lo feci per due motivi, uno controllato da me l'altro facente parte della mia natura alla quale, a differenza vostra cari lettori, non posso sottrarmi: trasformare un bambino che mai aveva avuto paure nel Principe degli Incubi, l'altra non saprei spiegarla..mi sentivo come attirato da questa missione come un uomo assetato dalle fresche acque.
Appena udii il saluto che Lunicino pose al mio galeone, quel simpatico e ridicolo "Tuuuu! Tuuu!!" scatenai i miei incubus contro il loro pianeta e la loro Barcaluna, lo feci senza alcuna pietà nè tanto meno alcun tipo di rimorso propri perchè l'equilibrio doveva essere raggiunto. I vivi non dovrebbero vergere alla perfezione, quando lo fanno chi ha creato me e Nottedoro manda appunto noi due a ricalibrare le questioni.
Il combattimento fu aspro e sanguinoso, feci a pezzi la Barcaluna dorata e persi del tempo con il Re e la Regina, genitori di Lunicino, affinchè mi svelassero il segreto che si celava dietro la facoltà del loro piccolo primogenito nel non avere mai nè incubi nè paure.
Sfilacciai i loro tendini e la loro pelle, conscio del fatto che "nessun uomo scuoiato ha segreti", instillai loro la paura che l'amato partner soffrisse le pene dell'inferno, mi feci raccontare tutto in quel bagno oscuro di sangue e tenebra. Vidi il terrore nei loro occhi, la paura di perdere tutto ciò che ancora avevano e l'immensa vertigine causata dal dolore dell'anima amata. Mi dissero solo che Nottedoro mi avrebbe distrutto. Sciocchi ed illusi, tutti loro.
Quando arrivai al bambino e stetti per toccarlo notai subito la reazione repentina di mio fratello, Nottedoro, che cercò di pugnalarmi al petto con un'arma fatta della paura e della pietà del piccolo bambino.
Lo scontro non fu poi così crudo ed efferato, combatteva in modo eccelso con il suo pugnale contro la mia lancia lunga, riusciva a penetrare la mia guardia con enorme facilità perchè mi attaccava dal basso e dai fianchi, senza uno schema prestabilito e senza seguire alcuna apparente regola, era disposto a sacrificare tutto per portare a termine quell'impulso che sentiva nel petto, lo stesso che sentivo io ma a carattere contrario.
Facemmo quello per cui fummo creati, per cui vivemmo strappati alle nostre vite precedenti, per cui rinascemmo contro la nostra volontà.
Guardai Nottedoro mentre mi attaccava, osservai il suo manto cambiare colore a seconda della posizione assunta e mi si illuminarono gli occhi quando rividi in lui la mia vecchia forma, la mia vita precedente prima di essere trasformato in Pitch, il Signore degli Incubi. Mi chiamavano Camaleonte, avevo un sacco di amici ed ero amato per alcuni versi, detestato per altri, alti e bassi come tutti, equilibrio come ben pochi. Ricordai il giorno in cui venni cambiato da volontà superiori, quando capii che le nostre azioni non sono il frutto del libero arbitrio.
Avevo appena concluso, od incominciato dipende dai punti di vista, qualcosa di bello ed appagante in collaborazione con altri come me e, tuttavia, quella che pareva essere un'allegra famiglia che aveva promesso di sostenermi nei miei impegni come io facevo naturalmente con loro, si dimostrò essere una fossa di serpenti pronti a scaricare il barile alla prima occasione.
Rividi la mia morte: agonizzante in un angolo del pianeta, lasciato solo al trapasso come sacrificio per evitare che le cose emergessero come erronee, preferirono vendere un'immagine d'essi nella gaudiosa perfezione dell' apparenza. Nascosero la mia tomba, sputarono sul mio nome e ballarono sul mio corpo e fu lì che la Volontà Suprema mi scelse, senza possibilità di appello io divenni Pitch il Signore degli Incubi.
Mentre osservavo questa scena ad occhi aperti mi accorsi che la lama di Nottedoro stava affondando nel mio petto. Gli sorrisi e gli sussurrai un "grazie" quando ne colsi l'espressione addolorata sul volto: era stato programmato per combattermi, ed io lo stesso, ma in cuor nostro avremmo preferito altra strada per noi stessi.
Mi estinsi in quella forma, in quel ciclo, per riapparire in uno diverso ove Lunicino fattosi uomo coraggioso, grazie al fatto di aver incontrato la paura ed averla vinta senza però doverla debellare, aveva istituito quattro guardiani per i piccoli di un perduto pianeta e poi un quinto con una modalità molto simile alla creazione mia e di Nottedoro.
Verrò a cercarti fratello
Io ti troverò
martedì 19 agosto 2014
Felici noi, noi pochi felici
La difesa della rocca era l'unica e la più importante campagna sostenuta prima d'ora dall'armata di Prepos, obiettivo non privo di preoccupazioni e difficoltà: la fortezza si ergeva in mezzo ad una collina scoscesa molto spesso avvolta nelle nebbie, l'esercito di per sè contava valenti cavalieri sebbene il tenerli uniti, date le diversità sostanziali, non avrebbe arrecato automaticamente un grosso vantaggio a loro stessi.
Il primo giorno si presentarono tutti agli ufficiali, tre per la precisione, che li accolsero in modo piuttosto garbato considerando la tensione che nell'aria era ormai palpabile: Formica, Mastino e La Voce. Le prime due erano note tra i cavalieri, la capacità della prima di tenersi sulle spalle responsabilità che avrebbero fatto impazzire i più forti e l'attitudine della seconda a regolare i confini senza troppa irruenza salvo quando fosse stata necessaria. La Voce arrivava da lontano ed aveva una storia particolare con sè: quando ancora la sua genesi non si era conclusa, la tenebra lo aveva colpito cercando di corromperlo e lui aveva invece combattuto contro di essa, poco più che in fasce, perdendo una mano intera salvo il pollice ma riuscendo, comunque, ad accogliere in sè la voce di Prepos come trascendenza da questa esperienza. Il suo grido di guerra faceva tremare anche i muri più solidi, la sua parola bonaria riusciva a calmare i mari più agitati.
Schierati vi erano il Cavaliere del Drago, Camaleonte, Panda delle praterie, Orso, Mantide, Aquila, Leone, Puma, e Lupa che era una delle figlie del Mastino, tendenzialmente solitaria a dispetto di altri. Vi era anche una nutrita schiera di cavalieri non ancora investiti, pronti a dimostrare quanto valessero.
E tutto sarebbe filato liscio se le loro diversità non li avessero portati a combattersi tra loro, ma anche qui vi era una sorpresa inaspettata. Orso, un guerriero terribilmente feroce il cui centro era sia l'amicizia che il coraggio istintivo; lui e la sua enorme mazza, troppo grossa e grezza per non essere considerata poco più che un blocco di ferro, legò quasi subito con Camaleonte e ben presto si trovò a dover fare i conti con i tre comandanti per il semplice fatto che la sua irruenza trovava predica simile a quella per la lingua lunga di Camaleonte e sebbene questi non spingesse per lo scontro, bensì per la cura di compagni feriti, si rischiò qualche volta di mettere a dormire per sempre qualche altro confratello.
Di come la rocca rimase in piedi, di come essi respinsero i vari attentatori e di come riuscirono a salvarsi l'un con l'altro dalle insidie che la Tenebra sottoponeva loro...vi aggiornerò in futuro.
lunedì 4 agosto 2014
TRASCENDENZA
Infine giunse il tempo in cui il premio venne reclamato.
L'entità chiamata Prepos diede un paio d'ali dorate ad un Cavaliere, esse sarebbero servite per trascendere l'esistenza umana, erano anche un simbolo che riconosceva al Cavaliere, agli occhi di tutti gli altri, la leadership di guidarli.
Formica tentennò alla vista del prescelto, qualcuno dei suoi confratelli ma non lei, questo le causò un irrigidimento del corpo che Gufo notò ma non le disse nulla, altresì lanciò un'occhiata a Colibrì e Cigno, fu lei a muoversi verso Formica ed appoggiarle una mano sulla spalla, parlandole con tono sì lieve da far addormentare un predatore in caccia.
- Che cosa c'è Formica?-
- Avrei voluto io la leadership e le ali, non capisco: io lavoro giorno e notte come Cavaliere, conduco una legione di non poco conto..eppure non mi viene riconosciuto. Nessuno lo capisce e non so cosa Prepos voglia da me! Chi è questo Cavaliere che merita il premio??!! - alzò la voce indicando quella persona sulla cui schiena due ali dorate illuminavano il territorio circostante. Egli si girò verso ella ma il suo volto, abbagliante, era invisibile. Formica lo additò con fare inquisitorio - Non è giusto! Io ho dato tutto e premiano te che neppure si sa chi sei!!! -
La cadenza del discorso, sempre più improntato su delusione e risentimento, la vide agitarsi e compiere tre passi avanti nel suo gesticolare. La rupe che li ospitava, sebbene fosse ampia e spaziosa, cedette da un lato e trascinò Formica giù di sotto. Il peso dell'armatura e l'altezza vertiginosa la videro cadere a piombo verso un suolo che si faceva sempre più vicino, sempre più mortale. Nessuno sarebbe sopravvissuto ad una caduta simile.
Il Cavaliere alato saltò nel vuoto dietro a Formica, allineò braccia e gambe in una posizione simile ad un soldatino di piombo, raggiungendo una folle velocità di caduta e quindi anche Formica, che abbracciò con forza. La voce di Prepos risuonò nell'aria:
- Solo chi possiede le ali tornerà in alto, è inutile attaccarsi...senza ali ci si schianterà. Se le doni una tua ala potrete planare, assieme, ma non risalire al livello della vita terrena, tanto meno trascenderla verso l'alto -
E mentre Formica vedeva la sua fine sempre più prossima, l'altro si strappò ambedue le ali e le impiantò con forza nella schiena di lei. A quel gesto, fatto con una buona percentuale di sofferenza, paura ma anche gioia e accettazione delle cose, Formica aprì la bocca -Perchè ti hanno dato la trascendenza?- , lui ora le sorrise e senza le ali addosso il suo viso le fu conosciuto - Spesso dici che non si capisce quello che dico, spero che questa volta saprò dare miglior immagine alle mie parole. Ho le ali dorate perchè non mi è mai interessato possederle, credo- le ali di Formica divennero rosse come il fuoco, l'energia interna e la bellezza che ella incarnava da sempre, vennero finalmente viste.
Fu un attimo: la neve si alzò in una nuvola di candido pulviscolo per accogliere i fragili corpi dei cavalieri, ma mentre Formica si ritrovò ad ascendere la montagna, volando, fino all'altezza degli altri, dell'altro non vi fu più traccia, salvo la sua armatura impressa ed immota nella neve. Fu Gufo ad accoglierla con una stretta di mano mentre le due ali iniziavano a dissolversi nel vento.
- Lui è morto per farmi tornare dove mi ero persa?-
- No, Formica, lui non è morto. Semplicemente non è qui con noi, adesso-
- Tornerà? Vorrei parlargli -
- Un giorno, forse -
L'entità chiamata Prepos diede un paio d'ali dorate ad un Cavaliere, esse sarebbero servite per trascendere l'esistenza umana, erano anche un simbolo che riconosceva al Cavaliere, agli occhi di tutti gli altri, la leadership di guidarli.
Formica tentennò alla vista del prescelto, qualcuno dei suoi confratelli ma non lei, questo le causò un irrigidimento del corpo che Gufo notò ma non le disse nulla, altresì lanciò un'occhiata a Colibrì e Cigno, fu lei a muoversi verso Formica ed appoggiarle una mano sulla spalla, parlandole con tono sì lieve da far addormentare un predatore in caccia.
- Che cosa c'è Formica?-
- Avrei voluto io la leadership e le ali, non capisco: io lavoro giorno e notte come Cavaliere, conduco una legione di non poco conto..eppure non mi viene riconosciuto. Nessuno lo capisce e non so cosa Prepos voglia da me! Chi è questo Cavaliere che merita il premio??!! - alzò la voce indicando quella persona sulla cui schiena due ali dorate illuminavano il territorio circostante. Egli si girò verso ella ma il suo volto, abbagliante, era invisibile. Formica lo additò con fare inquisitorio - Non è giusto! Io ho dato tutto e premiano te che neppure si sa chi sei!!! -
La cadenza del discorso, sempre più improntato su delusione e risentimento, la vide agitarsi e compiere tre passi avanti nel suo gesticolare. La rupe che li ospitava, sebbene fosse ampia e spaziosa, cedette da un lato e trascinò Formica giù di sotto. Il peso dell'armatura e l'altezza vertiginosa la videro cadere a piombo verso un suolo che si faceva sempre più vicino, sempre più mortale. Nessuno sarebbe sopravvissuto ad una caduta simile.
Il Cavaliere alato saltò nel vuoto dietro a Formica, allineò braccia e gambe in una posizione simile ad un soldatino di piombo, raggiungendo una folle velocità di caduta e quindi anche Formica, che abbracciò con forza. La voce di Prepos risuonò nell'aria:
- Solo chi possiede le ali tornerà in alto, è inutile attaccarsi...senza ali ci si schianterà. Se le doni una tua ala potrete planare, assieme, ma non risalire al livello della vita terrena, tanto meno trascenderla verso l'alto -
E mentre Formica vedeva la sua fine sempre più prossima, l'altro si strappò ambedue le ali e le impiantò con forza nella schiena di lei. A quel gesto, fatto con una buona percentuale di sofferenza, paura ma anche gioia e accettazione delle cose, Formica aprì la bocca -Perchè ti hanno dato la trascendenza?- , lui ora le sorrise e senza le ali addosso il suo viso le fu conosciuto - Spesso dici che non si capisce quello che dico, spero che questa volta saprò dare miglior immagine alle mie parole. Ho le ali dorate perchè non mi è mai interessato possederle, credo- le ali di Formica divennero rosse come il fuoco, l'energia interna e la bellezza che ella incarnava da sempre, vennero finalmente viste.
Fu un attimo: la neve si alzò in una nuvola di candido pulviscolo per accogliere i fragili corpi dei cavalieri, ma mentre Formica si ritrovò ad ascendere la montagna, volando, fino all'altezza degli altri, dell'altro non vi fu più traccia, salvo la sua armatura impressa ed immota nella neve. Fu Gufo ad accoglierla con una stretta di mano mentre le due ali iniziavano a dissolversi nel vento.
- Lui è morto per farmi tornare dove mi ero persa?-
- No, Formica, lui non è morto. Semplicemente non è qui con noi, adesso-
- Tornerà? Vorrei parlargli -
- Un giorno, forse -
venerdì 1 agosto 2014
Ultimo saluto a Sonia
Guardarono tutti la galea che si allontanava nelle acque chete del Magra, sospinta da un venticello appena percepibile. La grande vela rossa si gonfiava e prendeva forme strane sotto la spinta naturale che portava la galea ad allontanarsi sempre di più dalla riva.
Quokka si spostò di due passi sulla sinistra di un piccolo, ma lungo, rivolo di pece nera che correva sull'erba in linea con gli stivali di dodici arcieri.
Erano tutti lì, nel fresco tramonto serale di una qualunque giornata d'estate; ma non era un giorno come gli altri, si trattava dell'addio ultimo al Cavaliere Sonia il cui vero nome era Vanda ma che, come per ogni Cavaliere, aveva una valenza identificativa tra gli uomini poichè il nome che ognuno possiede e fa suo rende giustizia a ciò che veramente è piuttosto che a ciò che rappresenta.
Quokka osservò quella nave con le lacrime agli occhi, il suo viso era così rosso da far sembrare pallido il crepuscolo di quella palla infuocata alla quale il pianeta orbitava attorno, alzò quindi la mano destra al cielo e tutti gli arcieri incoccarono una freccia, la cui punta era già intrisa di pece, tenendo per adesso l'arco a riposo. Il Cavaliere Quokka alzò la torcia con la mano sinistra ed accese la sottile linea di pece in cui tutti gli arcieri accesero la propria freccia, quindi tesero gli archi. Le punte delle frecce erano rivolte ad un cielo rosso, come rossa era stata l'armatura di Sonia, e quando Quokka abbassò la mano, vennero scagliate verso la nave all'unisono.
La Galea prese fuoco in un attimo, restituendo le spoglie mortali di un Cavaliere al tutto: le carni sacre non conosceranno la marcescenza, le ossa non diverranno polvere nei secoli dei secoli, questo è l'ultimo saluto dei Cavalieri ad una consorella speciale. Se quel gesto avesse potuto lenire il dolore di Quokka sarebbe stato meglio, forse lei lo pensò, tuttavia quel gesto così semplice le aveva dato modo di salutarla come lei avrebbe voluto. Con un senso, con il fuoco che era così ardentemente divampato nel cuore di Sonia in vita,. adesso la portava con sè in un'altro posto, avvolgendola.
Quokka si spostò di due passi sulla sinistra di un piccolo, ma lungo, rivolo di pece nera che correva sull'erba in linea con gli stivali di dodici arcieri.
Erano tutti lì, nel fresco tramonto serale di una qualunque giornata d'estate; ma non era un giorno come gli altri, si trattava dell'addio ultimo al Cavaliere Sonia il cui vero nome era Vanda ma che, come per ogni Cavaliere, aveva una valenza identificativa tra gli uomini poichè il nome che ognuno possiede e fa suo rende giustizia a ciò che veramente è piuttosto che a ciò che rappresenta.
Quokka osservò quella nave con le lacrime agli occhi, il suo viso era così rosso da far sembrare pallido il crepuscolo di quella palla infuocata alla quale il pianeta orbitava attorno, alzò quindi la mano destra al cielo e tutti gli arcieri incoccarono una freccia, la cui punta era già intrisa di pece, tenendo per adesso l'arco a riposo. Il Cavaliere Quokka alzò la torcia con la mano sinistra ed accese la sottile linea di pece in cui tutti gli arcieri accesero la propria freccia, quindi tesero gli archi. Le punte delle frecce erano rivolte ad un cielo rosso, come rossa era stata l'armatura di Sonia, e quando Quokka abbassò la mano, vennero scagliate verso la nave all'unisono.
La Galea prese fuoco in un attimo, restituendo le spoglie mortali di un Cavaliere al tutto: le carni sacre non conosceranno la marcescenza, le ossa non diverranno polvere nei secoli dei secoli, questo è l'ultimo saluto dei Cavalieri ad una consorella speciale. Se quel gesto avesse potuto lenire il dolore di Quokka sarebbe stato meglio, forse lei lo pensò, tuttavia quel gesto così semplice le aveva dato modo di salutarla come lei avrebbe voluto. Con un senso, con il fuoco che era così ardentemente divampato nel cuore di Sonia in vita,. adesso la portava con sè in un'altro posto, avvolgendola.
Intonarono un canto, tutti, seguendo le tremanti parole di Quokka di modo da rafforzarle e renderle udibili da quel cielo terso che li sovrastava, sebbene le lacrime fossero un avere di dominio pubblico, presto vennero sostituite dal fiato dei flauti e dalle corde delle chitarre che ognuno possedeva, usate nei momenti di festa od anche di estremo saluto. Le due cose non sono poi così dissimili per i Cavalieri, alla fine non si compiange in un loculo nero e claustrofobico, non si da alla Morte un aspetto oppressivo, bensì si ricorre alle fiamme che ardono verso il cielo portando calore, speranza, ricordo ed anche un barlume di vita in tutto ciò che , per sua natura stessa, verge verso il rispettoso silenzio della morte.
C'era una grande guerriera con lo sguardo sereno
Che giocava con te, combatteva senza armi
Era senza cavallo, ma è lo stesso per te!
Ora è partita, ma ritornerà, tornerà quando tu chiamerai!
Ora è partita, ma se lo vorrai, tornerà quando sogni da te!
Era forte, era grande, ma non era cattiva
Lei correva con te, chi è cattivo e ha paura
Di chi è troppo forte e paura non ha!
Sonia è partita a combattere chi vuole un mondo dove il gioco non c'è!
Sonia è partita, ma ritornerà, tornerà quando tu chiamerai!
L'orco la fece prigioniera e una porta per scappare lei non la trovò
E allora divenne un uccello
E attraverso le sbarre nel cielo volò!
Sonia è partita, ma ritornerà, tornerà quando tu chiamerai!
Sonia è partita, ma se lo vorrai, tornerà quando sogni da te!
venerdì 25 luglio 2014
Colibrì
- Potrebbero esserci dei problemi di qualche tipo tra il Panda e la Formica inoltre, non ne sono sicuro, temo che il Mastino non abbia la minima tendenza ad appianare i problemi che dovessero insorgere. Ecco perchè ti ho svegliata a quest'ora della notte, Maestra Colibrì...ho bisogno che tu mi insegni il tuo stile di combattimento, nel caso in cui la falange dovesse incrinarsi devo saper muovermi anche da solo-
Queste furono le parole di Camaleonte, assistito da Quokka e Gufo con i quali aveva già discusso dell'eventualità nefasta e con essi si era prefissato un paio di obiettivi: essere sempre e comunque in grado di non invischiarsi nella mischia, fare di tutto affinchè la falange restasse unita al di là delle scaramucce interne.
Colibrì si destò dal torpore che la notte aveva profuso in lei e si mosse in direzione d'egli, sotto il velo leggiadro della sua tenda ampia e spaziosa, prese quindi una lancia dalla rastrelliera ed invitò, con un silente cenno, Camaleonte a farsi avanti, il quale estratta la spada ed imbracciato il rotondo scudo che ne copriva più della metà del corpo, si fece avanti annuendo.
Colibrì sorrise da sotto il suo elmetto leggero, l'armatura la rendeva cangiante nei colori quasi quanto quella di Camaleonte, la differenza stava nel contrasto tra le "punte" che la contornavano ed il resto della corazza quasi evanescente.
- Una lancia da fante? Ma una volta scagliata come farai a difenderti dalla mia spada? - non fece in tempo a terminare la frase che si trovò a strizzare gli occhi e serrare le mascelle per il contraccolpo appena ricevuto: Colibrì aveva eseguito due piroette in aria, angolate ad un punto che era incredibile il fatto che fosse atterrata in piedi, portando perciò la punta della lancia a colpire in diagonale, e con tutto il peso del corpo, lo scudo di Camaleonte. Egli arretrò di due passi, barcollando sotto la potenza dell'attacco. Il debole della spada si innalzò verso il cielo dietro di lui, abbassò un attimo lo scudo onde vedere la sua avversaria. Strabuzzò gli occhi quando se la ritrovò davanti con un baricentro bassissimo, in equilibrio e quasi inginocchiata rispetto a lui. Le gambe erano flesse, la lancia puntava alla di lui gola in diagonale ed era tenuta con ambedue le mani a distanza corta tra esse, la flessione delle gambe suggerirono a lui ch'ella fosse pronta a scattare in avanti, verso l'alto.
D'istinto cercò di sfruttare la gravità per batterla sul tempo di esecuzione, tentò quindi un fendente mirato alla sua testa ma la Maestra fu più rapida, con un movimento semi circolare del braccio mancino fece intraprendere alla lama una traiettoria atta a coprire 180 gradi da un lato all'altro con la lama ad altezza caviglia, la sua velocità era impressionante: con un movimento che avrebbe slogato la spalla a molti, era riuscita a far compiere un cambio di traiettoria alla punta della lancia, da diagonale ascendente a colpo laterale dalla sua sinistra a destra. Camaleonte dovette rinunciare all'attacco e spostarsi indietro alzando il piede destro per non venire azzoppato, sentì la lama sfiorargli la suola dello stivale. Pronto per riattaccare dovette però spendere alcuni istanti per bilanciarsi, la Maestra però stava già affondando e la punta della lancia raggiunse il di lui addome, sebbene non vi penetrò fino alla carne, si incagliò nelle piastre.
Immediatamente Camaleonte mosse il braccio sinistro, recante lo scudo, dietro di sè e quindi caricandolo con il peso del corpo eseguì uno sgualembro roverso dall'alto a sinistra verso il basso a destra, Colibrì fece appena in tempo a levare le mani dall'asta che questa venne spezzata dall'impatto, il quale evitò anche a Camaleonte di sbilanciarsi. Si lanciò, quindi, in avanti a peso morto ed alzò lo scudo che impattò violentemente contro il viso di Colibrì la quale, esile, barcollò all'indietro stordita.
- E' la fine, Maestra- sibilò iniziando a fare appello al suo potere, cangiando i suoi colori con l'ambiente circostrante, ora che ordinò al braccio destro di eseguire un'apertura ad arco da sinistra verso destra, con l'intento di colpire alla gola la Maestra.
Sgranò gli occhi quando si accorse che il colpo era andato a vuoto, Colibrì si era abbassata ancora di più di quanto la natura l'avesse favorita con uno sviluppo intellettivo piuttosto che d'altezza fisica, il colpo le passò sopra la testa nel momento stesso in cui estrasse la punta della lancia dal torace di Camaleonte, d'istinto lui ruotò il polso destro di centottanta gradi verso sinistra con l'intento di porre la punta dell'arma in traiettoria diagonale verso il basso, con il collo di lei; prima che lui potesse affondare il colpo, la Maestra, con un semplice gesto della mano, ora armata, pose la punta della lancia sulla sua gola, punzecchiandola.
Il combattimento era finito, se fosse stato un duello vero Camaleonte sarebbe morto un istante prima di poter sferrare il suo colpo mortale.
Leggiadra e per nulla ammaccata dal colpo ricevuto, sorrise a lui - La mia tecnica è estemporanea, non ha una forma prestabilita. E' difficile da imitare, impossibile da prevedere. Usa la lancia per mostrare agli altri i punti deboli della loro tecnica e poi adattati a ciò che succede durante il combattimento. Puoi incassare qualche colpo ma ricorda che quando qualcuno attacca, scopre comunque una parte di sè. Mira a quel punto. Ora esci, fai fare una simulazione a Mastino, Formica e Panda...e poi intervieni. Meglio farlo prima che la battaglia inizi-
Camaleonte annuì, felice e grato alla Maestra di avergli insegnato questa nuova tecnica. Accolse con gioia la lancia che ella gli donò, e con cura dopo aver riposto le armi, si incamminò verso il Campo Marzio dove avrebbe tentato di risolvere la questione.
Queste furono le parole di Camaleonte, assistito da Quokka e Gufo con i quali aveva già discusso dell'eventualità nefasta e con essi si era prefissato un paio di obiettivi: essere sempre e comunque in grado di non invischiarsi nella mischia, fare di tutto affinchè la falange restasse unita al di là delle scaramucce interne.
Colibrì si destò dal torpore che la notte aveva profuso in lei e si mosse in direzione d'egli, sotto il velo leggiadro della sua tenda ampia e spaziosa, prese quindi una lancia dalla rastrelliera ed invitò, con un silente cenno, Camaleonte a farsi avanti, il quale estratta la spada ed imbracciato il rotondo scudo che ne copriva più della metà del corpo, si fece avanti annuendo.
Colibrì sorrise da sotto il suo elmetto leggero, l'armatura la rendeva cangiante nei colori quasi quanto quella di Camaleonte, la differenza stava nel contrasto tra le "punte" che la contornavano ed il resto della corazza quasi evanescente.
- Una lancia da fante? Ma una volta scagliata come farai a difenderti dalla mia spada? - non fece in tempo a terminare la frase che si trovò a strizzare gli occhi e serrare le mascelle per il contraccolpo appena ricevuto: Colibrì aveva eseguito due piroette in aria, angolate ad un punto che era incredibile il fatto che fosse atterrata in piedi, portando perciò la punta della lancia a colpire in diagonale, e con tutto il peso del corpo, lo scudo di Camaleonte. Egli arretrò di due passi, barcollando sotto la potenza dell'attacco. Il debole della spada si innalzò verso il cielo dietro di lui, abbassò un attimo lo scudo onde vedere la sua avversaria. Strabuzzò gli occhi quando se la ritrovò davanti con un baricentro bassissimo, in equilibrio e quasi inginocchiata rispetto a lui. Le gambe erano flesse, la lancia puntava alla di lui gola in diagonale ed era tenuta con ambedue le mani a distanza corta tra esse, la flessione delle gambe suggerirono a lui ch'ella fosse pronta a scattare in avanti, verso l'alto.
D'istinto cercò di sfruttare la gravità per batterla sul tempo di esecuzione, tentò quindi un fendente mirato alla sua testa ma la Maestra fu più rapida, con un movimento semi circolare del braccio mancino fece intraprendere alla lama una traiettoria atta a coprire 180 gradi da un lato all'altro con la lama ad altezza caviglia, la sua velocità era impressionante: con un movimento che avrebbe slogato la spalla a molti, era riuscita a far compiere un cambio di traiettoria alla punta della lancia, da diagonale ascendente a colpo laterale dalla sua sinistra a destra. Camaleonte dovette rinunciare all'attacco e spostarsi indietro alzando il piede destro per non venire azzoppato, sentì la lama sfiorargli la suola dello stivale. Pronto per riattaccare dovette però spendere alcuni istanti per bilanciarsi, la Maestra però stava già affondando e la punta della lancia raggiunse il di lui addome, sebbene non vi penetrò fino alla carne, si incagliò nelle piastre.
Immediatamente Camaleonte mosse il braccio sinistro, recante lo scudo, dietro di sè e quindi caricandolo con il peso del corpo eseguì uno sgualembro roverso dall'alto a sinistra verso il basso a destra, Colibrì fece appena in tempo a levare le mani dall'asta che questa venne spezzata dall'impatto, il quale evitò anche a Camaleonte di sbilanciarsi. Si lanciò, quindi, in avanti a peso morto ed alzò lo scudo che impattò violentemente contro il viso di Colibrì la quale, esile, barcollò all'indietro stordita.
- E' la fine, Maestra- sibilò iniziando a fare appello al suo potere, cangiando i suoi colori con l'ambiente circostrante, ora che ordinò al braccio destro di eseguire un'apertura ad arco da sinistra verso destra, con l'intento di colpire alla gola la Maestra.
Sgranò gli occhi quando si accorse che il colpo era andato a vuoto, Colibrì si era abbassata ancora di più di quanto la natura l'avesse favorita con uno sviluppo intellettivo piuttosto che d'altezza fisica, il colpo le passò sopra la testa nel momento stesso in cui estrasse la punta della lancia dal torace di Camaleonte, d'istinto lui ruotò il polso destro di centottanta gradi verso sinistra con l'intento di porre la punta dell'arma in traiettoria diagonale verso il basso, con il collo di lei; prima che lui potesse affondare il colpo, la Maestra, con un semplice gesto della mano, ora armata, pose la punta della lancia sulla sua gola, punzecchiandola.
Il combattimento era finito, se fosse stato un duello vero Camaleonte sarebbe morto un istante prima di poter sferrare il suo colpo mortale.
Leggiadra e per nulla ammaccata dal colpo ricevuto, sorrise a lui - La mia tecnica è estemporanea, non ha una forma prestabilita. E' difficile da imitare, impossibile da prevedere. Usa la lancia per mostrare agli altri i punti deboli della loro tecnica e poi adattati a ciò che succede durante il combattimento. Puoi incassare qualche colpo ma ricorda che quando qualcuno attacca, scopre comunque una parte di sè. Mira a quel punto. Ora esci, fai fare una simulazione a Mastino, Formica e Panda...e poi intervieni. Meglio farlo prima che la battaglia inizi-
Camaleonte annuì, felice e grato alla Maestra di avergli insegnato questa nuova tecnica. Accolse con gioia la lancia che ella gli donò, e con cura dopo aver riposto le armi, si incamminò verso il Campo Marzio dove avrebbe tentato di risolvere la questione.
sabato 19 luglio 2014
Cavaliere del Drago
L'estate afosa si abbatteva sulle terre ove l'accampamento principale dei Cavalieri si estendeva, essi controllavano tutto il territorio che dalle valli native di Lady Barux, nobildonna che pur non essendo Cavaliere godeva del rispetto di questi e sapeva amministrare il suo dominio con saggezza e benevolenza, arrivavano fino agli aspri territori montani del dominio di Brown Tongue, un ereditiero dei domini del padre al quale vanno attribuite tutte le sue ricchezze, sebbene in quest'ultimo vi fossero più lupi e cinghiali che non agglomerati di persone da gestire ed aiutare. Le due vallate erano attraversate da fiumi di portata imponente che ne delimitavano i confini geografici: il Tenuis e lo Statuere, che tra le due contrade vi fosse rivalità era solo una leggenda poichè in realtà l'una non avrebbe mai potuto sopravvivere alla natura senza le risorse dell'altra.
Quokka attraversò la sala dei Cavalieri che si trovava al centro della Valle del Tenuis, sedendosi pesantemente su una poltrona e sganciandosi a fatica l'elmo sorridente che le copriva il capo: il viso era pallido ed il corpo pareva non aver alcun freno inibitorio nel lasciarsi cadere; pianse a lungo chiusa nel suo silenzio, nulla poteva la sua armatura ed anzi il peso d'essa, che era fin troppo placcata con strati di piastre impenetrabili, aveva portato i suoi muscoli ed il suo scheletro a risentirne, infiammandosi. Quokka sapeva benissimo che la crociata intrapresa, onde portare flora ed acqua nelle terre desertiche, le sarebbe costato fatica ma non si aspettava di trovare nelle tribù presunte alleate, degli ostacoli così arcigni da superare. Quando si prese la responsabilità del compito, delegatagli da Volpe e Formica, cercò subito un contatto con loro e sebbene da un lato His 4 Cop (una comunità espansa di volenterosi) le diede appoggio, l' Ufficium Defectus guidato da Draconis (soprannominata Canis Aures = sciacallo) le diede non pochi problemi. Questa tribù era guidata appunto da questa donna anziana e ben lontana dalla carità umana, al suo seguito aveva Mikael una ragazza dai capelli dorati alla quale aveva fatto indossare un collare alla stregua di una schiava, poi c'era Nosferatu così chiamato poichè a causa del troppo lavoro, in assenza di gratificazioni, aveva sviluppato un paio di occhiaie nere come la pece.
Camaleonte entrò nella stanza per caso e la vide in quello stato, tuttavia si avvicinò con cura a lei ben sapendo di che cosa fossero capaci i seguaci di Draconis specialmente su un Cavaliere corazzato come la sua consorella.
- Quokka, che ti succede? La preparazione del prossimo obiettivo ti sta consumando...ci sono problemi di cui vorresti parlare? -
- Oh Camaleonte, il problema è sempre quello: ho fallito. Dobbiamo rifornire una vasta zona tra le valli ma His 4 Cop non ha abbastanza uomini e risorse questo mese, così ho diviso il compito tra me, Brown Tongue e Draconis. Quest'ultima, però, si rifiuta di inviare messi viaggiatori nelle terre selvagge e così facendo lascerà senza rifornimenti alcuni insediamenti da noi garantiti. Non riesco a concepirlo, non è giusto e soprattutto io sono la responsabile..il peso è su di me-
- La tua armatura, sorella, è costituita da tre strati supplementari di piastre e sotto di essa porti una cotta che in qualche modo, lo sai, ti impaccia e ti rallenta. Armatura pesante non è sinonimo di invincibile nè di invulnerabile. Il tuo corpo non può sostenerne il peso a riposo, figuriamoci quando ti arriva un colpo. Se non puoi muoverti, diventa solo un peso. Ora: ho parlato con Volpe e lui ti darà una mano, per il resto posso occuparmi io della faccenda. -
- No, deve occuparsene Brown Tongue, tu hai fatto anche troppo. Ciò che mi dispiace è essere rallentata dalla corazza ma se non la indosso, Draconis mi colpisce nei punti deboli perchè sa quali sono, perchè la sua istigazione in qualche modo mi disturba. Mi rende insofferente il fatto stesso che provi ad usarla...come si permette? E poi il suo dominio su chi la segue è troppo ferreo...anche se Mikael mi desse conferme, sarebbe comunque lei poi a bloccarla. Non si può vivere in questo modo. Sento di aver fallito, sento di essere sconfortata e non vedo soluzioni. Sono io la responsabile-
-Quokka, capita di commettere errori ma in questo caso non ne hai commesso alcuno. Per poter avere il controllo della situazione che tu desideri ci sono tre possibilità: escluderli da qualsiasi missione, e non si può per ordine di Volpe; rispondere alla loro istigazione con una forma arcigna di oppressione e squalifica e non si può perchè dopo la scissione abbiamo imparato a non farlo mai più; in ultima istanza c'è una via percorribile: dargli la responsabilità di tutto ciò che fanno. Quando i coloni si lamenteranno, tu li rimanderai da Draconis dicendo loro che la scelta è stata sua. Ora però, Quokka, riposati e togliti l'armatura...quando sarai ristabilita tornerai ad essere l'efficiente Cavaliere che sei sempre stata. Alleggerisci la corazza, fai più affidamento sul tuo fratello di scudo che su di essa e cerca di capire che lui o lei non sono lì in veste di sfruttati, ma per loro libera scelta. Lasciali fare.-
Non è un mistero che a volte ci si debba affidare ad altri, che sia necessario delegare sia la fiducia che la responsabilità e molto spesso non si ha potere vincolante su chi ci rappresenta. E' un bene. Averlo significherebbe non fidarsi affatto, costringere le persone ad un collare simile a quello di Mikael. Il prezzo da pagare, per la garanzia di libertà può essere quello che l'altro , essendo tirannico, sfrutti tale libertà per continuare sulla sua strada fatta di oppressione. La domanda è: Che cosa hai imparato da tutto questo, Quokka?
NON UCCIDERE IL DRAGO, IMBRIGLIALO.
NON COMBATTERLO, GRATIFICALO ED ASSERVILO AD UN BENE SUPERIORE.
FA CHE SIA LE TUE ALI ED IL TUO RUGGITO.
SENZA SCHIAVIZZARLO, FA' SI CHE LA SUA NATURA BESTIALE VENGA INCANALATA.
LO SCOPO ULTIMO NON E' ABBATTERE I DRAGHI, BENSI' MOSTRARE LORO UN MODO DI ESSERE CHE LI FARA' APPREZZARE DAL MONDO. SPEZZERAI COSI' LA LORO RABBIA CHE DERIVA DALLA LORO SOLITUDINE.
ORA VAI, QUOKKA: CAVALIERE DEL DRAGO.
- I draghi sono tali proprio perchè gli uomini non possono nulla contro di loro - Motto casata Draconis
- Il cavaliere fa il possibile per riconoscere le prigioni in cui è segregato, e riesce a compiere l'impossibile per evaderne - Da una pagina del testo Prepos
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