Si dice che se si esprime un desiderio esso non vada poi enunciato ad alcuno, poichè altrimenti non si avvererà.
Stuzzicante leggenda metropolitana, molto in voga certo, ma falsa. Tutti dovremmo poter dire ciò che desideriamo, condividerlo e così rafforzarlo, solamente in questo modo potrà avverarsi.
Fin da piccolo appioppo dei soprannomi alle persone che mi girano attorno: lo faccio perchè lo trovo molto divertente, non necessariamente offensivo (dipende dal soggetto) in genere c'è una similitudine che vedo tra la persona ed un animale od un personaggio pubblico/mitologico/storico/televisivo. Mi serve anche per stabilire un codice relazionale con le persone con cui ho a che fare durante la "nomina", quel nomignolo racchiude sensazioni specifiche, momenti particolari, od una storia troppo lunga e complessa da narrare ma assolutamente condivisa tra me e chiunque sia presente, comunque può essere narrata sempre e comunque, la difficoltà maggiore è coinvolgere emotivamente chi mi ascolta nella spiegazione.
Ultimamente sono quasi tutti animali, è più facile per me cogliere similitudini quasi sempre positive o, mal che vada, neutre. Nella mia fattoria (sebbene vi siano animali che con la fattoria non centrano un cazzo, ma descriverlo come Zoo non mi piace perchè mi da l'idea di una serie di gabbie dalla residenza forzata, la fattoria è già meno espositiva, ha uno scopo e ognuno è importante non solo per essere guardato e soprattutto non si paga per accedervi) ci sono un sacco di animali, e sebbene li inquadri in pochissimo tempo, me ne manca uno ed è particolare: tanto per cominciare è l'unica persona che mi abbia chiesto di essere soprannominata prima ancora di conoscermi bene e mi ha sorpreso, come se non bastasse ha un dente che brilla e questa cosa mi attira e mi meraviglia ogni volta che la guardo..rischio di imbambolarmi a guardarla.
Mi fa stare bene questo.
Sono contento.
Ho una Volpe, un Coniglio, un Cavallo, un'Oca, un Gatto, una Gallina, una Farfalla, una Libellula, un Quokka, un Gufo, un Cane, un Condor, un Camaleonte, un Cigno, una Faina ed un Tasso. Ce ne sono centinaia in realtà ma questi sono quelli che riesco ad inquadrare velocemente nella forma "animale-viso".
E poi c'è il dente brillante.
Dunque se non riesco ad associarla immediatamente a qualcosa, allora forse è bene dedicarvi più tempo ed un'analisi maggiormente centrata. A me importa farlo, è una cosa cui tengo e di conseguenza farò qui codesta riflessione. Se non vi interessa, cosa molto probabile a meno che non siate Voi "dente brillante" allora saltate pure questo capitolo, dopo il post precedente che nemmeno un nazista avrebbe avuto il coraggio di scrivere, posso ben capirvi. Forse XD.
- Sa ballare e qui mi viene in mente il verbo "Volteggiare", bene pigliamolo e mettiamolo da parte;
- Il suo sorriso, al di là del brillante, è bello da guardare perchè non è costruito a tavolino bensì ha bisogno di contemplazione per essere assaporato nelle sue minime pieghe - "Contemplazione e Meraviglia";
- Nel suo sguardo c'è dell'altro: una forma recondita di sopportazione di ciò che la vita ti fa cadere sulle spalle, la capacità di reggere il dolore e potenzialmente di coglierlo negli altri anche quando questi lo mascherano bene - "Empatia";
- La sua forma fisica mi suggerisce, a naso, che appoggi sè stessa sul bacino (devo pensarci bene perchè la danza ha inevitabilmente impostato il corpo e devo andare oltre questa forma, la schiena la escludo quasi a priori. Quasi.), una zona che mi suggerisce con qualche giro strano tra le mie sinapsi, la spinta affettiva a prendersi cura di altri anche a scapito di sè - "Avere cura, generosità, scarsa difesa";
- Ho imparato da tempo a non farmi distogliere da eventi o pensieri esterni a ciò che sto facendo, però...però.. E' mezz'ora che scrivo e penso, ed è mezz'ora che mi viene in mente quel dente che brilla e che ne risalta gli splendidi occhi, incastonati a loro volta in un viso asciutto e pulito, vorrei dire soave ma è troppo poco ed è banale come aggettivo ( è sdolcinato, non rende bene l'idea, tanto meno la mia percezione d'esso), preferisco anzi dire che mi piace guardarla in viso perchè, nel complesso (e nel dettaglio) è un pò come guardare il cielo: mi sgombra la mente, l'effetto della meraviglia. Raramente mi capita di imbambolarmi a guardare un viso, mi succede spesso con le voci "cullanti". Non è appariscente, se passi di corsa la vedi ma non riesci a cogliere tutte le sottili sfumature, un pò come guardare la Luna di notte quando c'è la nebbia: la vedi, certo che la vedi, ma se ti fermi ad osservarla con cura allora ti ci perdi dentro perchè scopri particolari rilevanti che, altrimenti, ti saresti perso. - "Perdersi nell'osservarla al fine di aprire nuove piccole percezioni";
- Dice ciò che pensa, pensa ciò che dice. Diretta e alle volte fin troppo, sebbene io abbia la sensazione che si auto censuri su alcuni argomenti, quelli che riguardano lei persona e che sono abbastanza in profondità. E' convinta di essere facilmente "leggibile" questo almeno è ciò che dice, probabilmente è vero che lo pensa ma non è necessariamente la realtà. C'è una differenza sostanziale tra ciò che è AUTENTICO (come una persona percepisce la realtà) e VERO (ciò che la realtà è), questo esclude la bugia e tuttavia da la possibilità di andare a fondo sull'argomento: sei facile da leggere, diciamo di si ... c'è una recondita speranza che qualcuno legga anche ciò che fino ad ora è rimasto intonso? C'è una recondita speranza che alcune pagine possano essere ancora scritte non da mano tua nè da quella della vita? Eh beh direi di si. Le cose che accadono sono tutte INEVITABILI, se non lo fossero non accadrebbero. E' inevitabile che tu avrai sempre una pasta al lampone ad attenderti, dalla Angela(Ora non hai più dubbi su chi tu sia). - "Sincera anche a scapito di sè, pochi filtri tra cervello e bocca (non per forza un difetto, salvo per gli ipocriti, oppressori, seduttori ed i bugiardi che vedono in questo un potenziale pericolo per loro)";
Direi che abbiamo tutti gli elementi per andare oltre, richiamo dunque un ricordo che ha condiviso con me: in passato le diedero delle noie per motivi sciocchi, come poi accade la ruota gira e i carnefici chiesero la sua mano quando i venti della giovinezza soffiarono anche su di loro, aprendo i loro occhi alla visione di ciò che ella era in realtà: meraviglia. Pagarono un prezzo, nemmeno troppo elevato, per il passato che avevano cagionato con una libera scelta.
C'è una storia dei nativi d'America che ho trovato e che si addice a questo racconto:
C’era una volta un villaggio in cui vivevano due sorelle che, tra i Menomini, erano considerate le più veloci nella corsa. Verso ovest c'era un altro villaggio così lontano che normalmente si doveva viaggiare due giorni per raggiungerlo. Una volta queste due sorelle decisero di visitare il villaggio lontano; quindi, partite, corsero a forte velocità fino quasi a mezzogiorno quando giunsero ad un albero cavo che giaceva di traverso sul sentiero.
C'era neve sul terreno e le sorelle videro le orme di un Istrice che conducevano alla cavità del tronco. Una di loro spezzò un bastoncino e cominciò a conficcarlo nella cavità per far uscire l'Istrice e disse: "Divertiamoci un po' con lui". "No, sorella mia," disse l'altra "lui è un ma’nido e faremmo meglio a lasciarlo in pace."
La prima, tuttavia, continuò a spingere l'Istrice sempre più avanti lungo il tronco finché uscì e lei lo prese e gli strappò tutti i lunghi aculei dal corpo gettandoli nella neve. L'altra si ribellò a questa crudeltà perché pensava fosse troppo freddo per privare l'Istrice del suo rivestimento.
Poi le ragazze, perduto del tempo e avendo ancora una lunga distanza da percorrere, continuarono la loro corsa verso il villaggio al quale erano dirette.
Quando lasciarono il tronco cavo l'Istrice si arrampicò su un alto pino finché raggiunse il punto più alto, e rivolto verso nord, e cominciò ad agitare davanti al petto il suo piccolo sonaglio tshi'saqka cantando a tempo col suono che produceva. Presto il cielo cominciò ad oscurarsi e la neve a cadere mentre il percorso delle ragazze, che continuavano a correre, diveniva sempre più difficoltoso a causa della crescente profondità della neve. Una delle sorelle guardò indietro e vide l'Istrice sulla cima dell'albero che usava il sonaglio. Poi disse alla sorella che aveva strappato i suoi aculei: "Sorella mia, torniamo al nostro villaggio perché temo ci succederà qualcosa di brutto".
"No, andiamo avanti," replicò l'altra "non dobbiamo aver paura dell'Istrice." Nonostante la profondità della neve impedisse loro di continuare, arrotolarono le coperte continuarono il viaggio.
La giornata stava per volgere al termine e le sorelle non erano ancora giunte ad un punto dal quale potessero vedere il villaggio che a fatica stavano cercando di raggiungere. Mentre continuavano il viaggio arrivarono ad un ruscello che riconobbero fosse nei pressi del villaggio ma era sopraggiunta la notte e la neve era ora così profonda che furono costrette a fermarsi dalla stanchezza. Sentivano le voci della gente nel villaggio ma non riuscivano a chiamare abbastanza forte da essere udite, quindi morirono nella neve che l'Istrice aveva provocato. Non si dovrebbe mai fare del male all'Istrice poiché egli è un tshi'sacjka e un ma'nido.
Io non amo la vendetta e nemmeno la nostra Istrice, qui si tratta di "Giustizia" ed è bene ricercarla, è un modo per mettersi in pari, per elevarsi dal ruolo di vittima e, senza divenire carnefice in un gioco perverso, mettere al sicuro la propria dignità. Al di là del terminare macabro del racconto, cara Istrice fai come me quando ti guardo: vai oltre, cogli la sostanza e non tanto il dettaglio sanguinario con cui essa è esposta.
Istrice, per gli amici Sorriso Brillante ( in inglese suona meglio ma perde senso)
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